…ancora frigo Valley nell’ex Stacchini

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ex stacchini
ex Stacchini

Nell’area di circa 412 ettari, come recita la delibera regionale del 2017 numero 813 che la istituisce, sono presenti aspetti di vegetazione riferibili agli habitat numero 6110: Formazioni erbose rupicole calcicole o basofile dell’Alysso-Sedion albi e 6220 oltre a percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea, oltre alla presenza di specie vegetali rare o rarissime per la regione Lazio.

L’ex fabbrica di esplosivi

Di Stacchini si parla da anni, ex fabbrica di esplosivi, poi abusivo campo nomadi che ospitava oltre cinquecento persone poi allontanate definitivamente, senza sgombero eclatante dall’amministrazione Proietti, infine destinazione ad un progetto di magazzini di logistica. Negli ultimi anni però di Stacchini si è parlato con l’appellativo di Frigo Valley, sull’area infatti per anni, oltre a tonnellate di rifiuti generici amianto compreso, sono stati scaricati abusivamente migliaia di frigoriferi che ancora restano sparsi sul terreno. Si era creato un sistema clandestino di complicità attraverso il quale rivenditori di elettrodomestici acquisivano dai clienti il contributo obbligatorio per lo smaltimento attraverso i canali legali, ne trattenevano la somma scaricando invece abusivamente nell’area Stacchini. I nomadi asportavano dai frigoriferi tutte le parti metalliche rivendendole, in modo particolare il prezioso rame mentre le carcasse di plastica sono rimaste nell’area.

Linee di riciclaggio

In pratica si è trattato, per certi versi, di una linea di riciclaggio antesignana, le cui scorie di plastica però sono ancora in loco. Immaginabile la fuoriuscita in atmosfera dei gas contenuti nelle intercapedini dei frigoriferi e quanti ne sono stati respirati da chi a quel lavoro di selezione si è dedicato. Della Frigo Valley negli ultimi quindici anni su tv e quotidiani si è parlato molto, sul traffico illegale dei frigoriferi a Stacchini è ancora visibile un documentario di inchiesta, su YouTube. Con il titolo Anello di Fumo, https://www.youtube.com/watch?v=uWOb4Uw5O-A vinse nel 2013 il Premio Morrione per giovani giornalisti e ne è stato tratto un libro da allora. Poco è cambiato nell’area sottoposta a vincolo, demolite le baracche abusive, spariti gli insediamenti abusivi, restano i rifiuti per i quali occorre, dopo la caratterizzazione eseguita dagli attuali proprietari, una bonifica molto costosa. Dovrà prevedere anche indagini del sottosuolo per eventuali esplosivi ancora giacenti sotto le macerie delle case matte. Costi altissimi, milioni di euro, che difficilmente gli attuali proprietari sarebbero in grado di sostenere. Infatti il progetto di logistica è stato spostato su un’area adiacente esterna all’area vincolata.

Foto archivio

 

L’area affidata alla Regione

Attualmente l’area della ZSC è affidata alla Regione Lazio che, secondo la normativa europea, ne dovrebbe avere cura. E’ bene ricordare che potrebbe incombere una procedura di infrazione i cui costi per l’Italia potrebbero essere molto rilevanti. Per le discariche abusive in Campania ad esempio l’Italia oltre ad una sanzione forfettaria di 20 milioni di euro, sta pagando una penale di 120.000 euro al giorno alla Comunità europea. A proposito degli obblighi di bonifica esistono anche sentenze del Consiglio di Stato che potrebbero offrire ipotesi che coinvolgano gli Enti pubblici. Nel frattempo le carcasse restano sul terreno e le loro immagini sono tornate alla ribalta nella puntata del 22 settembre scorso della trasmissione Prima Pagina di Rai 3 tema il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti elettronici che troppo spesso avviene lungo canali illegali che sfociano in Affrica creando in Gana una situazione da inferno dantesco. Tornando a Stacchini, la situazione relativa alle competenze per la bonifica resta complicata come le normative in vigore che da un lato obbligano i proprietari dei terreni mentre alcune sentenze ne limitano l’obbligo se incolpevoli, il decreto del Ministero dell’ambiente del 25 marzo 2005 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 6 Luglio 2005 recita all’articolo 2 comma 6 recita: nelle more della definizione, da parte delle regioni, delle misure di conservazione per le ZPS di propria competenza, le regioni medesime assicurano per le ZPS le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché per evitare la perturbazione delle specie per cui dette ZPS sono state classificate ovvero istituite.

La funzione dell’ASA

A Tivoli, mentre in una parte tutelata del territorio in passato si è smaltito illegalmente, dall’altro funzionano a pieno ritmo ed in modo virtuoso, grazie al sempre maggiore senso di responsabilità di “quasi tutti” i tiburtini, i percorsi messi a disposizione da tempo da ASA SpA che, tramite “Miniera Urbana” ed il Centro di recupero comunale nei pressi del Bivio di San Polo inviano, alle industrie legali del recupero, tonnellate di rifiuti elettronici.

Gianni Innocenti