Cosa Nostra tiburtina, i carabinieri smantellano una banda che monopolizzava il traffico di droga tra Tivoli e Guidonia Montecelio. Nella rete dei militari, mercoledì mattina all’alba, sono cadute 41 persone. Di queste 39 erano gravate da un’ordinanza di custodia cautelare (33 in carcere e 6 ai domiciliari), emessa dal Gip di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, ed altre due, invece, sono state arrestate in flagranza di reato. Tra le persone finite in carcere, 7 erano donne e tutte avevano ruoli di primo piano nell’organizzazione. Si conclude, così, l’operazione Tibur, partita nel 2016.
La gang gestiva lo spaccio di tutte le sostanze, dalla cocaina alla marijuana. Tra i clienti, poi, anche tanti insospettabili.
La vendita degli stupefacenti avveniva, ormai, alla luce del sole, anche in zone molte frequentate come le Fontane in piazza Garibaldi e la Panoramica. In maniera quasi sfrontata come le riunioni sempre nell’area tra piazza Santa Croce e largo Nazioni Unite.
La banda
La banda, in pratica, era una sorta di “banda della magliana” alla tiburtina. Tra di loro il gruppo di malviventi la chiamava La Cooperativa.
Oltre a gestire la vendita al dettaglio della droga, gli affiliati gestivano anche la “giustizia” interna. A chi era accusato di aver parlato veniva bruciata la macchina. Chi faceva qualche sgarro veniva giudicato e punito. Uno degli aderenti è stato sfregiato sulla guancia.
Chi finiva in carcere, invece, veniva sostenuto e gli venivano pagate le spese legali. Nella rete dei carabinieri è finito anche l’avvocato della banda, un principe del foro di Roma, che prendeva 10 mila euro per ogni persona arrestata. Il legale, che al momento è indagato, stando alle ricostruzioni dei militari si occupava anche di mantenere i rapporti tra i carcerati e gli altri a piede liberi. Non solo, in alcuni casi avrebbe anche impedito ai propri assistiti di confessare. Il suo studio, nella Capitale, sarebbe stato perquisito dai militari.
I capi
Il sodalizio criminale era in parte composto dagli stessi che, quattro anni fa, avevano allestito un’analoga banda poi sgominata dalla polizia. Il capo di entrambe le gang, l’altra volta, era fuggito in Spagna salvo poi essere individuato a distanza di qualche mese ed estradato in Italia. Al nucleo storico si erano poi aggiunte altre leve. I vertici dell’organizzazione, comunque, erano tutti in qualche modo imparentati tra di loro.
Il capo, due “colonnelli”, i cassieri e le vedette
A capo della banda c’era sempre, secondo le ricostruzioni dei carabinieri e dei pm della Direzione Distrettuale Antimafia e della Procura di Tivoli, c’era Giacomo Cascalisci. I suoi bracci destri erano Cristian D’Andrea e Massimo Piccioni che si occupavano dell’operatività delle piazze di spaccio, dirigendo le vedette e i pusher. Alla base della piramide, poi, c’erano diversi ragazzi, tutti regolarmente a libro paga, che confezionavano e vendevano la droga ma si occupavano anche di controllare gli spostamenti delle forze dell’ordine. Le donne, più in generale, tenevano i conti della Cooperativa che, ogni giorno, gestiva diverse migliaia di euro.
Le intimidazioni
Quando ormai la banda aveva capito di essere finita nel mirino dei carabinieri, anziché rallentare la prese la banda ha iniziato a pensare a come intimidire gli inquirenti. Nessuno dei progetti è andato in porto ma, comunque, le vedette della gang avevamo cominciato a pedinare le forze dell’ordine per risalire alle abitazioni e, quindi, minacciarne le famiglie ed incendiarne le autovetture.
Le indagini
I militari hanno seguito da vicino gli spostamenti e le comunicazioni dei malviventi con intercettazioni telefoniche ed ambientali, localizzazioni gps, telecamere, servizi di pedinamento. Inutili, poi, le precauzioni prese dagli spacciatori di cambiare utenze telefoniche ogni qual volta uno di loro finiva in cella.
La retata
Giovedì mattina, prima dell’alba, oltre 300 carabinieri, con elicottero e cani cinofili, sono intervenuti nelle abitazioni dei malviventi, perquisendo in tutto quasi 50 tra case ed uffici. Nella rete sono finiti tutti i componenti della Cooperativa che, ora, dovranno rispondere anche di Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti
Altri arresti
Durante le indagini i militari hanno fermato più volte alcuni componenti della banda. In cella sono finite 25 persone, tutte arrestate in flagranza di reato, oltre ad innumerevoli sanzioni amministrative ed il sequestro di ingenti quantitativi di più tipologie di stupefacente e di una pistola.
I proventi
I proventi dello spaccio finivano in una cassa comune da quale venivano prelevati gli stipendi per gli “operai” e per mantenere i complici agli arresti.