Grande successo ha riscosso la visita guidata, destinata a ripetersi in futuro, che la Società Tiburtina di Storia e d’Arte ha organizzato nei mesi passati alla “Tivoli sotterranea”, avvero in alcuni luoghi della Tibur romana che si conservano sotto i palazzi del centro storico. L’abitato antico, come lo definisce efficacemente Orazio (Odi 3, 4, 23), era “supinum”, cioè “disteso” sul pendio risalito dalla via Tiburtina, odierna via del Colle. Una simile collocazione topografica richiese, sin dal primo definirsi dell’assetto urbano (IV-III sec. a.C.), la costruzione di massicci terrazzamenti in blocchi squadrati di tufo e travertino atti a creare spianate edificabili. Tali terrazzamenti nel II-I sec. a.C., all’epoca della più estesa monumentalizzazione che la città abbia mai avuto, si trasformarono in imponenti piattaforme suddivise in vani voltati (c.d. sub-structiones), rese possibili dalla plasmabile muratura a getto (opus caementicium), che ancora oggi sopravvivono, trasformate in cantine o del tutto abbandonate e interrate. Oltre alle “costruzioni di sotto”, i palazzi del centro storico inglobano anche cospicue parti in elevato di edifici a carattere pubblico o religioso.
Fino all’800, ad esempio, i celebri templi rotondo e rettangolare dell’acropoli, che oggi vediamo protendersi sulla gola dell’Aniene, apparivano trasformati nelle chiese di S. Giorgio e S. Maria della Rotonda. Inoltre proprio la conservazione sotto i quartieri medioevali e rinascimentali del tessuto della città romana spiega il rinvenimento tra 1883 e 1920 del notevole complesso, risalente al 20 a.C. ca., del Ponderarium-Augusteum (mensa ponderaria-sacello del culto imperiale), venuto alla luce in alcune cantine dell’area forense (piazza del Duomo). Fra le principali preesistenze classiche, che oggi risultano ipogee o semi-ipogee, figura la monumentale abside del I sec. a.C., con nicchia per statua, appartenente alla basilica civile, conservata dietro il Duomo secentesco e già riutilizzata come abside della cattedrale romanica. Un recente scavo ne ha documentato la fine decorazione pittorica imitante un rivestimento a lastre marmoree.
La vicina Piazza D. Tani è interamente artificiale, in quanto sorretta da un lungo “criptoportico” doppio: due gallerie parallele separate da pilastri, utilizzate in antico per passeggiate al coperto, la cui monumentalità, non apprezzabile all’interno, frazionato in varie proprietà, si coglie perfettamente all’esterno grazie alla facciata scandita da archi a tutto sesto. Se si scende invece, per qualche centinaia di metri, lungo via del Colle, oltrepassato l’avanzo della porta detta Maggiore delle mura urbane, si può ammirare, inserito nel caseggiato sul lato sinistro, l’altissimo fornice del c.d. “Mercato coperto”, anch’esso suddiviso in cantine e magazzini. Già ritenuto una vasta aula destinata al deposito e alla vendita di merci, sul tipo del vero Mercato coperto di Ferentino (Fr), è in realtà una sostruzione che venne innalzata per ampliare la sovrastante piazza del Foro e che inglobò una via extramuranea, trasformandola in via tecta, simile a quella, ben più famosa, entro il Santuario di Ercole Vincitore. Gli ultimi restauri eseguiti dal Comune nel Palazzo Coccanari hanno interessato un sotterrano che, ci si augura, possa ospitare presto, come ha proposto la Soprintendenza, l’esposizione dei reperti archeologici ivi recuperati. Anche in questo caso si tratta di un lungo criptoportico doppio illuminato da feritoie, meno monumentale di quello di piazza Tani, che forse serviva da raccordo tra i vicoli della zona e che sosteneva una gradinata (gradus) abbellita da un arco di travertino.
sotto il pavimento hanno rimesso in luce strutture del II-I sec. a.C., pertinenti a una domus, che furono obliterate per realizzare il criptoportico. Tutte le strutture citate erano già note agli studiosi delle antichità tiburtine, ma non infrequenti sono i rinvenimenti di vestigia sconosciute o non accessibili da secoli, come le affascinanti stanze, decorate a stucco policromo, della c.d. villa di Valerio Massimo, riscoperte nel 2017 a tre metri di profondità in un cantiere Acea lungo Via G. Mazzini presso la Stazione Ferroviaria, delle quali si è data notizia nel catalogo della mostra dedicata alla Tomba della vestale Cossinia. (Zaccaria Mari )