Il Procuratore Menditto: instituire il reato di violenza domestica

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FRANCESCO MENDITTO PROCURATORE REPUBBLICA DI TIVOLI

“I processi per esclusiva violenza economica non esistono in Italia, di per sé non è perseguita- spiega il Procuratore- viene ricondotta nel reato di maltrattamenti, il quale è stato concepito quando c’era una struttura familiare tradizionale, mentre oggi ci sono situazioni molto più complesse. E’ un reato che prevede pene alte, che i giudici hanno paura di dare. Soprattutto, è costruito come un reato abituale, cioè con più condotte nel tempo. Questo comporta che se c’è un solo episodio, o lo inquadriamo in altri reati oppure non lo possiamo perseguire”.

Convenzione di Istanbul

La strutturazione del reato “è molto semplice- spiega Menditto-, basta prendere la Convenzione di Istanbul, che parla di violenza psicologica, fisica, economica. Nominando, definendo, questo trittico di violenze sarebbe semplice l’applicazione con una pena anche non elevata. Anche il Grevio, l’organismo che controlla l’attuazione della Convenzione di Istanbul, ci ha detto che sarebbe opportuno avere un reato autonomo di violenza domestica”, ribadisce Menditto. Non c’è solo questo. Per difendere le donne vittime di violenza sarebbe opportuno “rivedere la materia dei reati 570 e 570 bis, cioè quelli relativi all’omesso pagamento dei mezzi di sussistenza in caso di divorzio. Sono reati molto confusi- spiega il procuratore della Repubblica- Rimettendoli a regime ne sarebbe più facile l’applicazione. Andrebbe fatto come si fa per la mafia: prevedere il sequestro e la confisca obbligatoria del profitto del reato. Noi oggi non possiamo intervenire sul patrimonio di chi non paga gli alimenti, anche se scopriamo che ne ha uno nascosto. Ne possiamo solo chiedere il rinvio a giudizio. Ma non possiamo sequestrare e togliere ciè che si è sottratto”.

“Nella mia Procura- racconta Menditto, audito dalla Commissione femminicidio- ho visto molti casi di donne non che hanno rinunciato al lavoro, ma che hanno deciso di trasferirsi o di rifiutare incarichi più complessi perchè ‘dovevano seguire l’uomo’, anche se lui aveva un ruolo professionale inferiore, meno importante. Hanno perso delle occasioni, quelle donne, e noi abbiamo perso un valore aggiunto. È la famosa discriminazione ai danni delle donne. Noi- prosegue il Procuratore- seguiamo 1300 casi all’anno di violenza, in molti casi vediamo proprio il controllo degli scontrini: l’uomo se li fa consegnare per controllare le spese e accertarsi che la donna non metta da parte nulla, magari per poter chiedere la separazione. Chiediamo, alle donne che denunciano, se hanno un conto cointestato o proprio o se sono intestatarie di quote societarie: abbiamo tantissimi casi di donne che scoprono di essere titolari di alcune società quando vanno in bancarotta, quando falliscono. Sono andate davanti al notaio e hanno firmato, ma non è stato loro spiegato cosa”.

La lunghezza del processo

“Noi riusciamo a ottenere anche misure cautelari per violenza economica collegata ad altri tripi di violenza- prosegue Menditto- Anche quando applichiamo le misure, però, è necessario che la donna sia seguita, sostenuta, dai centri anti violenza e da un avvocato. Il 95 per cento delle donne non sono difese: la difesa è gratuita, le donne non lo sanno. Senza sostegno le donne si troveranno sole a casa con i figli e torneranno ad avere bisogno del marito, per esempio per accompagnare i figli a scuola”, specifica Menditto, basandosi sull’esperienza della sua Procura. “Le donne chiedono protezione, potezione continua, e una sentenza che dia loro ragione, non condanne esemplari. Più sono rapide le sentenze, più aumentano le condanne. La lunghezza del processo lavora a favore dell’imputato. Abbiamo i dati”, conclude il Procuratore.