In occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, la Caritas Italiana ha presentato, a Roma, il suo 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”. Nelle statistiche ufficiali del 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici. Nell’anno di inizio della pandemia da Covid 19: dati ancora più sconfortanti si preannunciano per il prossimo futuro per le nuove emergenze dovute alla guerra, all’aumento delle bollette e al carovita. Ha risposto ai quesiti posti dalle crescenti povertà anche nei nostri territori il vescovo della Diocesi di Tivoli Mauro Parmeggiani. Riproponiamo il testo pubblicato su XLGIORNALE del 3 novembre
Sappiamo che le diocesi con le reti Caritas si prodigano ogni giorno nell’aiutare le famiglie in difficoltà, un impegno profuso anche da volontari, operatori sociali e singole associazioni. Qual è la situazione nella nostra diocesi e cosa servirebbe ancora?
Nella nostra Diocesi l’indice di povertà è assai evidente. Già particolarmente elevato da oltre 20 anni a causa della cessazione di importanti attività produttive, oggi ha raggiunto livelli preoccupanti. Alla situazione socieconomica che si è andata via via sempre più aggravandosi dal 2008 in poi si è aggiunta ora quella causata dalla pandemia con ricadute devastanti su moltissime famiglie e, di recente, la guerra in Ucraina con i suoi effetti devastanti: speculazione, crescita abnorme delle materie prime, sanzioni, inflazione, ecc. La somma di questi eventi ha reso sensibilmente tutti più poveri e ha colpito maggiormente coloro che già versavano in situazioni di povertà sia relativa che soprattutto assoluta. La nostra rete Caritas e dei propri Centri di Ascolto sparsi sul territorio sta riscontrando questa maggiorata situazione di povertà anche tra le famiglie che comunque hanno un reddito sia di lavoro dipendente che autonomo.
Crescono le richieste di aiuto
Ci stanno pervenendo richieste di aiuto – cosa mai sperimentata in precedenza – per affitti e bollette anche da titolari di punti vendita, piccoli negozi colpiti duramente dal calo delle vendite. In fondo basta guardare con attenzione le vie dei nostri centri urbani, grandi e piccoli, per renderci conto della crisi socioeconomica raggiunta.
Durante il periodo più intenso della pandemia, sino ad oggi, moltissime famiglie hanno sopravvissuto grazie al Reddito di Cittadinanza, poiché i lavori più umili e semplici erano scomparsi. Tuttavia questo ha portato a una perdita di stima in se stessi da parte di molti che necessitano anche di confidare nelle loro risorse per vivere, hanno una dignità che desiderano sia rispettata. Gli anni appena trascorsi hanno così lasciato pesanti conseguenze nelle persone che versavano già in situazioni di marginalità, specie in quelle già segnate da storie di disgregazione famigliare, perdita di relazioni, indigenza e povertà estrema, assenza di reddito stabile, poche o nulle prospettive di ritrovare una qualche forma di occupazione, rese ancora più problematiche se legate all’abuso di alcool o sostanze o a vere e proprie ludopatie per cercare nel gioco d’azzardo, a mio avviso poco contrastato anche dalla recente legge regionale, speranza di guadagni spesso irrealizzabili.
Dal rapporto emerge che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dai disastrosi effetti della pandemia, ancora in corso, e dalle ripercussioni economiche e sociali della guerra in Ucraina. Dal Vostro punto di vista come il nostro territorio e le sue istituzioni ed enti recepiscono tutte queste difficoltà crescenti?
Certamente la nostra Rete Caritas, non lo dico per esaltare unicamente l’azione che la Chiesa opera tramite essa ma perché è la realtà, fa molto.
La Caritas sostiene 5.500 persone
Sul territorio vengono seguite ben 816 famiglie italiane e 381 di origine straniera, circa 5500 persone in stato di indigenza e in questi ultimi mesi, dove sono aumentati il costo dell’energia elettrica e del gas, la Caritas di Tivoli riceve mediamente dalle 12 alle 16 richieste di aiuto al giorno per il pagamento delle bollette. In pratica, le richieste, rispetto ai mesi precedenti sono raddoppiate. Da parte nostra cerchiamo di aiutare tutti utilizzando al massimo la possibilità di rateizzare gli importi ma viene da domandarsi: fino a quando ciò sarà possibile? Oltre all’aiuto per le bollette provvediamo per gli affitti, all’acquisto dei libri scolastici, medicinali, vestiario, occhiali da vista, visite ed esami medici, accompagnamento ai presidi sanitari, ai segretariati sociali, ecc.
Lavoriamo insieme al Consultorio diocesano Familiaris Consortio di Villanova di Guidonia che sostiene anche psicologicamente famiglie e persone di varie età profondamente colpite e depresse a causa di questa situazione di povertà dilagante. Cerchiamo di contrastare la povertà con due mense che la Caritas gestisce sul territorio: una che ho voluto fin dal mio arrivo a Tivoli sotto la mia casa, accanto alla Cattedrale. E un’altra a Villanova di Guidonia dove c’è anche un dormitorio notturno per i padri separati.
Ogni giorno le nostre mense distribuiscono circa 100 pasti. Tramite il Centro Distribuzione Alimenti, ogni 15 giorni vengono donati circa 380 pacchi alimentari da asporto; se ne consegnano 22 a domicilio ad anziani impossibilitati a ritirarli e circa 60 a Parrocchie montane. Il loro contenuto ha un valore commerciale di circa 38 euro. E direi che quasi giornalmente il nostro pensiero va al poter fare di più per una situazione di povertà economica e relazionale che vediamo crescente. Tutto ciò è possibile grazie ai proventi dell’8×1000 alla Chiesa Cattolica che metto volentieri a disposizione in maniera cospicua. Tuttavia, spiace ammetterlo, se venisse meno l’8×1000 che al contribuente non costa nulla, sono ben pochi gli enti, le istituzioni, gli imprenditori, le famiglie e le persone abbienti che sentono di condividere ciò che hanno con chi ha meno tramite la Caritas Diocesana che tanto fa. Probabilmente un certo senso di paura per il domani incerto frena anche chi ha maggiori possibilità nell’aiutare il prossimo bisognoso.
Maggiore interazione con i Comuni
A mio avviso, al fine di alleviare i disagi delle famiglie e anche dei singoli in difficoltà – specialmente gli anziani – occorrerebbe una maggiore interazione tra gli Enti locali e la vasta costellazione di soggetti dediti alla solidarietà che faticano a lavorare insieme. Più di quanto si fa oggi, a mio avviso è necessario agire sull’origine e le cause delle povertà vecchie e nuove con una progettazione che individui i bisogni delle famiglie così da predisporre interventi appropriati con un accompagnamento verso l’autonomia. Un percorso dove i servizi, in rete, – privato sociale – sociosanitari – centri per l’impiego…, nel rispetto delle proprie sensibilità e competenze si facciano carico dei cittadini più fragili e questi ultimi si impegnino a mettere in pratica i comportamenti richiesti per ridimensionare e superare le loro condizioni di povertà.
Altra attenzione da offrire con tutte le reti educative presenti sul territorio dovrà essere quella del sostegno alla funzione genitoriale con attenzioni specifiche verso i minori. Non è infatti accettabile la trasmissione intergenerazionale della povertà! Un’altra attenzione è quella della residenza anagrafica fittizia per le persone senza dimora e per gli immigrati. La disponibilità di una residenza e quindi dell’iscrizione anagrafica in un Comune, è porta di accesso imprescindibile per accedere ad ogni altro diritto, servizio, prestazione pubblica sul territorio nazionale. Questa precondizione a lungo negata deve divenire pienamente esigibile.
Reddito di cittadinanza e povertà
In ultimo, ma non meno importante, ritengo necessario che si attui compiutamente quanto legato al Reddito di Cittadinanza pur con i dovuti cambiamenti e controlli. Grazie a questa misura, numerosissime famiglie hanno evitato fino ad oggi il dramma della disperazione e della disgregazione dello stesso nucleo famigliare ma il Reddito di Cittadinanza, così come è stato concepito, non può diventare permanente. Occorre che sia una misura transitoria in vista di una occupazione onde evitare che i soggetti perdano di dignità ed il gusto del lavorare con le proprie mani. Toccherà dunque a tutti cercare di incrementare la formazione al lavoro e a offrire lavoro sul nostro territorio dove invece molti che lo potrebbero offrire lo hanno abbandonato per andare là dove hanno raggiunto maggiori profitti.
Occorrerebbe saper sfruttare maggiormente le risorse presenti su il nostro territorio assai abbandonato e degradato: penso al turismo, ai grandi beni culturali, artistici e archeologici che possediamo. Se Tivoli non è più il principale polo industriale del Lazio, come si studiava sui libri quando andavo alle scuole elementari, occorre ripensare a quale sia la sua vocazione lavorativa oggi e facilitare la nascita di tutte le forme possibili di impiego in settori, come il turismo, che spesso sono state a mio avviso trascurate.
Gli esclusi e gli ultimi
Da parte della Chiesa, oltre a essere promotrice di interventi di solidarietà, in molti casi risolutivi, con i dovuti strumenti dovrà farsi anche promotrice di attività di impresa sostenibile e creare le giuste condizioni per facilitare il reinserimento sociale degli esclusi. Progetti ai quali si sta pensando affinchè da un semplice assistenzialismo si passi a rimettere la persona al centro, con tutte le sue potenzialità, per fargli conquistare la dignità che nel contesto attuale rischia di perdere. Infine occorrerà rilanciare il volontariato affinchè si moltiplichino, nei limiti delle possibilità di ciascuno, i numeri di quanti si pongono a servizio degli altri. Un volontariato che deve vedere coinvolti anche i cosiddetti “assistiti” dai nostri centri Caritas e che non possono soltanto rimanere eterni assistiti ma anche costruttori di ponti con altri poveri che necessitano di aiuto.