La sabbia nella clessidra in mano al sindaco Sandro Gallotti scende vorticosamente e il 24 febbraio, data entro cui sciogliere se si vuole andare alle urne a maggio, si avvicina a grandi passi. La maggioranza, risicata, che tiene in piedi il governo cittadino va avanti a colpi di tavoli e vertici che finora non hanno sortito nulla di concreto.
Il punto resta sempre lo stesso: se si deve continuare fino alla scadenza naturale del mandato bisogna lavorare per dare alla città un futuro e non continuare a ragionare in maniera estemporanea. Il nodo e’ tutto nelle società partecipate, con i conti che non tornano e tanti dipendenti che si aspettano risposte, chiare e precise. Il tempo delle ipotesi è finito e pensare che con il sesto rimpasto in meno di tre anni si possa risolvere qualcosa e’ quantomeno improbabile. Il documento-chiave presentato da Alleanza per Tivoli, che ha portato alla dimissioni del sindaco, sta li’ al centro degli incontri giornalieri e da quelle linee guida non si può prescindere. È un fatto di numeri? La speranza e’ che non sia così. Le sedici mani alzate in consiglio, necessarie per la sopravvivenza, si possono trovate in mille modi. Li chiamano “governissimi”, termine moderno atto ad indicare maggioranze alternative nate in emergenza e non è detto che in quella direzione qualche tentativo non sia stato fatto. La strada maestra però dovrebbe, anzi deve, essere un’altra: capire se tra chi sostiene il sindaco c’e’ la volontà di cambiare, di dare finalmente segnali forti.

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