Monterotondo, sempre più in bilico la sorte dell’ospedale eretino lasciato ancota in un limbo. L’appello per salvarlo è stato lanciato ai parlamentari e ai consiglieri regionali che ieri mattina hanno visitato il SS Gonfalone su cui incombe il rischio di declassamento. Si attende ora l’incontro richiesto con il presidente della Regione Lazio.
“La Regione sciolga definitivamente le incognite sul futuro del SS Gonfalone”, così il sindaco Alessandri ai rappresentanti istituzionali che, su suo invito, hanno visitato i reparti e incontrato il personale medico e infermieristico dell’ospedale. All’incontro erano presenti il senatore Carlo Lucherini, i deputati Andrea Ferro e Monica Gregori, il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Daniele Leodori e il consigliere Marco Vincenzi, con loro anche gli assessori Walter Antonini e Ruggero Ruggeri e la direttrice sanitaria del nosocomio Buttiglieri. L’occasione è valsa per “ricordare come le traversie recenti dell’ospedale di Monterotondo nascano dall’errore nella lettura dei dati che nel 2010 comportò, da parte dell’Amministrazione Polverini, l’inclusione del SS Gonfalone nel novero di quelli oggetto di declassamento”.
“A questo – afferma il sindaco Alessandri – si aggiunge l’atteggiamento quantomeno incoerente dei vertici aziendali della Asl, che da un lato hanno concorso a correggere l’errore e a confermare, nei propri atti di indirizzo, il SS Gonfalone quale presidio ospedaliero per acuti, dall’altro hanno compiuto scelte, in particolar modo nella gestione delle risorse umane, assolutamente penalizzanti e depauperanti nei confronti del nosocomio, del personale che sempre più faticosamente lotta per continuare ad assicurare i servizi e, inevitabilmente, dell’offerta sanitaria complessiva e puntuale rivolta ai cittadini”.
“Nelle nostre rivendicazioni non c’è alcun campanilismo – ribadisce il sindaco – perché la piena funzionalità
del SS Gonfalone è un’esigenza primaria che non riguarda solo Monterotondo. Se il nostro ospedale chiudesse, un territorio enorme che comprende la Sabina romana e reatina, i Comuni nomentani e quelli tiberini e arriva addirittura fino a Civitavecchia non avrebbe altro riferimento sanitario che l’ospedale di Tivoli visto che lo stesso decreto 80 prevede anche la riconversione dell’ospedale di Bracciano. Un milione di cittadini che non avrebbe altra scelta se non quella di rivolgersi alle strutture sanitarie romane già al collasso”.
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