Le sorti delle Acque Albule passeranno, ancora una volta, per le aule di un tribunale. Sulla vendita del 40 per cento di azioni della società partecipata del comune di Tivoli, avvenuta nel 2001, è stato chiamato in causa il Tar con un nuovo-vecchio ricorso. Nuovo perché è stato presentato nei giorni scorsi dall’ex presidente del consiglio comunale Carlo Centani, vecchio perché ricalca uno presentato dieci anni, bocciato dal Tribunale per un vizio di forma e poi “riabilitato” dal Consiglio di Stato che lo scorso luglio aveva dato ragione ai ricorrenti annullando così la precedente decisione del Tar.
“Contesto – ha spiegato Carlo Centani – tutto il processo di privatizzazione a partire dal bando con cui è stato scelto l’acquirente. Lo ritengo illegittimo per diversi motivi. Un giudice civile, per cominciare, ha riconosciuto che i bilanci della società non erano legittimi e poi nel bando alla società fu data una valutazione minore a quella che aveva in realtà. Inoltre a chi ha partecipato al bando non erano state, di fatto, illustrate quali fossero le effettive condizioni che il Comune di Tivoli avrebbe messo in atto con la vendita. Nel bando, infatti, non si parlava dei licenziamenti che poi il socio di minoranza ha attuato e poi il piano industriale prevedeva che nel 2006 nell’azienda ci fossero più di 120 lavoratori, ma tutte queste assunzioni non si sono mai viste”.
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