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Sgominata banda vicina alla ‘ndrangheta tra Tivoli e Guidonia

#NLCronaca #Tivoli #GuidoniaMontecelio – Un anno e mezzo di indagini, 9 ordinanze di custodia cautelare, sette in carcere e due agli arresti domiciliari di questi 7 uomini ed una donna, duro colpo alla malavita nell’hinterland tiburtino con la conclusione tra lunedì e martedì dell’operazione Silentes. Non essersi fermato all’alt di una pattuglia dei carabinieri è costato caro ad un 34enne calabrese, Luca Cosmo, ritenuto il capo della banda che è stata sgominata dai carabinieri della compagnia tiburtina e che operava tra Tivoli e Guidonia Montecelio, con ramificazioni in tutto il nord est romano, vicina alla ‘ndrangheta. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma

A capo del sodalizio criminale io calabrese, vicino alla cosca Nirta – Romeo – Giorgi, che per circa un anno aveva preso in gestione, intestandolo ad una società, un bar in piazza Rivarola poi rivenduto.

Le indagini, partite quasi casualmente, hanno portato così a scoprire il gruppo che si era specializzato in vari settori, su tutti lo spaccio di droga che veniva importata dalla Calabria. Nel corso di questi mesi di indagini i carabinieri hanno sequestrato duna pistola cal. 6,35 marca Browning ed un fucile cal. 12 a canne mozze entrambi con la matricola abrasa, trovate in un garage in zona Casal Bellini. Hanno arrestato in flagranza di 5 persone ed hanno recuperato circa 2 kg di stupefacente tra hashish, cocaina e marijuana. Le armi, secondo le ricostruzioni dei militari della compagnia di Tivoli, sono state più volte utilizzate dai membri della banda per minacciare ed intimorire tutti coloro che avevano dei debiti da saldare per acquisti di stupefacente o che tentavano di opporsi allo strapotere dell’organizzazione.

Il giro d’affari gestito dall’organizzazione era molto elevato, le diverse trattative documentate durante le indagini dai carabinieri riguardavano un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro.

LE INDAGINI PARTITI DA UN POSTO DI BLOCCO

Tutta l’operazione nasce da una macchina che non si ferma all’alt dei carabinieri. La vettura, dopo aver forzato il posto di controllo, è stata ritrovata dopo qualche giorno parcheggiata sotto il Pentagono, lungo la Tiburtina vicino la Pista d’Oro. I militari, così, risalgono al proprietario, il “boss” della banda, e gli perquisiscono l’abitazione, dove abitava anche un altro calabrese, e gli trovano dei pizzini. In un primo momento non si capisce bene cosa siano quei foglietti di carta ma tanto basta ad attirare l’attenzione degli inquirenti che avviano le indagini. Tra appostamenti, pedinamenti, intercettazioni, i carabinieri risalgono alla fonte dei pizzini, uno zio del capo banda in carcere a Fossombrone, Giovanni Giorgi, e che grazie a quei foglietti comunicava con l’esterno dando indicazioni su come gestire gli affari illeciti per suo conto.
I militari, così, ricostruiscono gli affari della banda che si approvvigionava di droga in Calabria e poi parte la rivendeva a piccoli gruppi locali, quantitativi più abbondanti ad una banda di albanesi e la restante parte la spacciava direttamente tramite sodali in provincia di Roma.

UN CAPO SPAVALDO

Il boss della banda tiburtina era solito girare armato per minacciare chi non pagava o chi si metteva sulla sua strada. Durante un intercettazione effettuata proprio nel bar gestito da “prestanome” il capo commentava così la sua banda “La razza mia pari n’davi supa nun n’davi” tradotto dal calabrese “La mia famiglia ne ha altre della sua importanza ma nessuna superiore”.

Alcuni spostamenti della banda nel centro storico di Tivoli

Testo da visualizzare in slide show

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