Di Roberta Mochi

“Le ragazze” è il sorprendente romanzo d’esordio di Emma Cline (ben tradotto da Martina Testa per Einaudi Stile Libero Big), ventisettenne californiana di cui tutti parlavano ancora prima dell’uscita, visto l’anticipo all’autrice di 2 milioni di dollari e un contratto per altri due libri.

Quello che si nasconde dietro al chiasso mediatico e ai claims relativi a un presunto caso letterario, venduto (e tradotto) in 35 Paesi –  e che in tutta franchezza faceva pensare ad un enorme strategia di marketing poggiata su un prodotto inconsistente – è invece una storia ben costruita, ad alta intensità emotiva, che fa proprio quello che un bel romanzo deve fare, trasformare un fatto di cronaca in un universo altro, il mondo misterioso e nascosto degli adolescenti, dove fa da padrone il principio di contraddizione, la tristezza ha la “piacevole consistenza della prigionia” e l’urgenza più bruciante è quella di trovare la propria collocazione.

La storia è quella di una quattordicenne con il tipico e disperato bisogno di attenzione dell’adolescenza. La timida e inquieta Evie Boyd incontra nel parco un gruppo di ragazze dai vestiti alternativi e ne rimane affascinata, non solo per l’abbigliamento appariscente ma soprattutto per il senso di sicurezza e assoluta libertà che trasmettono. È da qui che prende avvio la sua ossessione, quella di una “piccola donna” che non desidera altro che essere accettata dal gruppo. Sedotta al punto da entrare nella comune hippy in cui le ragazze vivono con il carismatico guru, non riesce – neppure lontanamente –  a intuire quanto si stia avvicinando al cuore del male. Era infatti l’estate del ’69 e quella era proprio la cerchia di adepti di Charles Manson (Russell nel romanzo), la “famiglia” passata alla storia per una serie di feroci omicidi, tra cui il terribile assassinio della giovane attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski.

Nonostante la follia brutale degli omicidi sullo sfondo, l’abilità della Cline è proprio quella di ritrarre altro, con sarcasmo, amarezza e cinismo ma anche con una delicatezza estrema. Per parlare di questioni “tra ragazze”, che smarrite e vulnerabili, cercano di non sentirsi sole.

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