Di Roberta Mochi

In attesa di Blade Runner 2049, sequel del meraviglioso Blade Runner diretto nel 1982 da Ridley Scott, Denis Villeneuve fa la prova generale con la fantascienza. La trama è ispirata alla teoria sulla relatività di Sapir-Whorf, secondo cui le lingue che parliamo sarebbero in grado di condizionare il modo in cui ci approcciamo alla realtà, determinando il nostro modo di pensare. Proprio per questo, all’arrivo sulla Terra dei 12 gusci, sono Louise e Ian, linguista lei e matematico lui, che con rispetto, curiosità e un pizzico di paura iniziale tentano di stabilire un contatto con gli eptapodi e la loro scrittura circolare. Gli alieni di Arrival comunicano infatti tramite logogrammi, un’ortografia che non concepisce la linearità temporale. Tuttavia, sebbene questo complesso espediente narrativo non sia insolito nel cinema – basti pensare a Interstellar di Nolan – e permetta attraverso un paradosso temporale di vivere il presente riuscendo a conoscere tangibilmente il futuro, resta meno incisivo e misterioso delle cinque semplici note di Incontri ravvicinati del terzo. L’impianto di questo lungometraggio a budget hollywoodiano è minimalista e il film si caratterizza per essere una riflessione metafisica più che un vero e proprio sci-fi già dalla presenza dei gusci sospesi di magrittiana memoria. Le emozioni vere, lontano dall’essere legate ai seppioloni estraterrestri, sono quelle che nascono dalla straziante storia della Louise futura e non è un caso, se si considera che la sceneggiatura di Eric Heisserer è tratta da un racconto di Ted Chiang intitolato “The Story of Your Life”. Seppur con qualche cliché – i paesi cattivi e violenti sono i soliti noti Cina e Russia, il mondo scongiura una guerra inter-galattica con la solita telefonata, le forze governative sono più ottuse che mai e il melodramma impera con l’amore (in questo caso tra madre e figlia) che trionfa su tutto – Villeneuve si conferma regista di spazi e di sguardi, facendo dettare il ritmo del suo ultimo lavoro dalle atmosfere dense e da una fotografia di rara sensibilità.

 

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