La parola acqua per gli abitanti della Val d’Aniene è di uso comune, se ne parla e se ne scrive spesso, per una serie di motivi che si coniugano in una frase: “ne avremmo in abbondanza, abbiamo sorgenti ricche, l’Acea se la prende, la trasporta dove le fa comodo, ne butta quasi la metà, se la fa pagare salata ed a noi lascia un fiume secco, senza restituire un centesimo di ristoro ai Comuni”.
Unico beneficiario è Enel, che potendo utilizzare meno acqua nelle sue centrali installate lungo il fiume ha visto nel 2012 un indennizzo, per i prelievi in anni arretrati, di quasi 4 milioni di euro, stabilito da una delibera della Conferenza dei Sindaci (è bene ricordare che nella Conferenza tutti i Sindaci contano meno dell’un per cento rispetto a Roma che fa da padrona con più del 99.
I Sindaci sono stati costretti ad emettere un’ordinanza che impone divieti ed obblighi fino ad ipotizzare turni di razionamento, nei confronti dei cittadini che comunque, spesso, usano l’acqua senza riflettere sulla necessità di non sprecarla e senza considerarla un bene prezioso quale è.
Contemporaneamente la Regione utilizza l’arma che aveva in serbo per i casi di emergenza: il direttore Risorse idriche della Regione Lazio ha autorizzato Acea Ato 2 a prelevare dalla sorgente del Pertuso, l’ultima grande sorgente nel territorio di Trevi nel Lazio (portata media 1.870 l/sec.), che immette acqua pulita nell’Aniene, altri 190 litri al secondo oltre i 360 già captati normalmente.
Conseguenza ovvia per il fiume Aniene, alcuni tratti del quale già non godono della quantità di acqua necessaria per il Minimo deflusso vitale che garantisce la sopravvivenza di fauna ittica e piante, un peggioramento netto delle sue condizioni. Ancora lontano il Comitato di monitoraggio per il fiume Aniene, previsto dalla delibera di giunta regionale 386/2009, dopo otto anni non ancora attivato. Intanto l’acqua grazie agli impianti di pompaggio del Pertuso e del Ceraso, finisce nell’acquedotto del Simbrivio, quindi in quello della Doganella per arrivare ai Castelli romani ed in provincia di Latina. Un acquedotto il Simbrivio che, secondo dati ufficiali di due anni fa, perde circa il 40% dell’acqua che trasporta.
Se si aggiungono le perdite delle reti idriche comunali (Roma perde dal 41 al 44%), è facile ipotizzare che la dispersione dell’acqua potabile raggiunga o addirittura superi il 50% di quella captata. Il bello è che, secondo il ministro dell’Ambiente Galletti, la colpa è di quei comuni che ancora non hanno privatizzato le reti idriche. Tra questi annovera sicuramente quelli che in Val d’Aniene ancora resistono e non consegnano le proprie risorse ad una Spa come Acea per il 49% in mano a Caltagirone ed ai francesi di Suez. Per tornare alle misure, sono quelle apparse nelle ordinanze dei Sindaci: divieto di innaffiare giardini ed orticelli, invito ad un consumo consapevole, probabilità di turni di razionamento.
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