Usura bancaria: nuova sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite in merito alla validità degli interessi divenuti usurai.
Cosa succede se il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996?. La clausola pattizia di determinazione degli interessi stipulata per un tasso all’epoca sotto-soglia, che in seguito ha superato i limiti di legge, generando un tasso di interesse “usurario”, può ritenersi valida ed efficace, o deve essere disapplicata?. Per anni vi è stata incertezza in merito a questa risposta, con un susseguirsi di opposte sentenze della Cassazione, che alternativamente hanno dichiarato l’inapplicabilità o meno del tasso di interesse divenuto usuraio, generando notevole confusione ed incertezza in materia, e a cui si era unito successivamente l’Arbitro bancario finanziario, con soluzioni originali, che avevano ritenuto che la situazione fosse «irregolare», traendone conseguenze piuttosto articolate, fino a cancellare del tutto gli interessi dovuti.
Al riguardo si è finalmente espressa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017, gelando qualsiasi argomento sull’usura sopravvenuta. Per la Corte se nel corso del tempo i tassi concordati al momento della stipula superano la soglia di usura «non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi; né la pretesa della banca di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato nel contratto può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto». Quindi gli effetti di tagliola sugli interessi stabiliti dalla legge per contrastare il fenomeno dell’usura, si avranno solo nei casi in cui l’usura fosse “originaria”, cioè che il tasso di interesse fosse usurario già alla data della stipula del contratto, avendo escluso le Sezioni unite la figura dell’usura sopravvenuta.
La vicenda era sorta proprio all’indomani della legge del ’96, per gli “sforamenti” successivi all’entrata in vigore della norma. Poi nel 2000 il Dlgs 394/2000 aveva stabilito, con una norma di interpretazione autentica (quindi retroattiva), che assumevano valore, ai fini dell’usura, solo gli eventuali sforamenti al momento della sottoscrizione del finanziamento. Fondandosi su questa norma la Cassazione ha adottato una decisione che deluderà molti clienti degli istituti bancari, che si sono visti applicare in passato dei tassi molto vicini alla soglia e che con la discesa del livello generalizzato degli interessi, speravano di poter “recuperare” per via legale almeno la parte restata fuori dalla soglia, le strade sembrano essersi chiuse definitivamente.
Anche se nei primi commenti al testo, emerge l’impressione che in fondo la pronuncia abbia poco valorizzato i limiti all’interpretazione alla legge del 2000 posti dalla Corte costituzionale. Non è escluso quindi che data questa interpretazione della norma da parte della Cassazione, qualche giudice possa riportare la questione alla Consulta, per sollevare di nuovo dubbi di costituzionalità della norma.
La sentenza boccia anche la tesi, a favore dell’usura sopravvenuta, che richiama una violazione del principio generale di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto e che fanno meno perno sulla normativa antiusura.
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