I militari della compagnia di Tivoli hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti di Domenico Nardoni, 46 anni. L’uomo, sabato sera verso le 23, dopo aver sparato al genero Alberto Delfini di 25 anni ha poi chiamato il 112, aspettando quindi l’arrivo della pattuglia. Da chiarire, però, diverse parti di questa tragica storia. A partire proprio dai motivi della lite, che sembra essere stato generato da una questione di soldi. Un piccolo prestito che Alberto aveva fatto al cognato.
Pare che il giovane, che da neanche due mesi era diventato papà, fosse andato nel terremo di campagna dei Nardoni, sopra le sponde dell’Aniene, per chiarire un diverbio che aveva avuto con il suocero, si pensa ad una questione di soldi. La situazione, però, anziché chiarirsi è degenerata e l’uomo, dopo aver preso un fucile – poi risultato rubato – da un casotto ha sparato al giovane, ferendolo mortalmente.
Dopo aver esploso il colpo ed aver centrato il genero, Nardoni – già noto alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio – ha chiamato i carabinieri. Nella telefonata al 112 ha dapprima parlato di una “tragedia”. Poi, all’arrivo della pattuglia, di un “incidente”. Durante gli interrogatori in procura, messo alle strette, prima di avvalersi della facoltà di non rispondere avrebbe parlato di “difesa”.
Dai primi accertamenti dei militari della compagnia di Tivoli sembra che il fermato abbia modificato lo stato del luogo del delitto nel tentativo di crearsi un alibi, così da sviare le indagini sul suo conto. Poi, durante l’interrogatorio, si è dapprima contraddetto più volte e poi ha confermato la dinamica degli eventi ricostruita dagli inquirenti, soprattutto in ordine alla lite avuta con il genero.
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