In questi giorni di grande disagio, la scuola italiana è stata chiamata ad affrontare la sfida di organizzare l’istruzione a distanza. Uno sforzo che ha visto dirigenti e docenti chiamati a raccogliere le proprie forze e a mettersi in prima linea per adempiere ad una finalità non solo didattica, ma anche sociale. Già da diversi anni molti insegnanti hanno seguito corsi di aggiornamento e si sono formati, anche se successivamente la spesa per l’istruzione, come quella della sanità, è stata tagliata, e non sempre si erano potute mettere in pratica in modo completo le competenze digitali apprese.
In questo periodo è importante non lasciare soli i nostri studenti, che sono la sostanza della scuola: alcuni di essi sono spesso soli a casa, mentre i loro genitori svolgono lavori di utilità sociale negli ospedali, nei trasporti, nei servizi essenziali. Il rapporto quotidiano con gli insegnanti, pertanto, serve a garantire ai nostri ragazzi non solo il diritto costituzionale all’istruzione, ma anche a creare un ombrello protettivo che sopperisca alla mancanza del rapporto umano “dal vivo” e farli comunque sentire parte di un tessuto sociale. In pratica, l’obiettivo è sviluppare il senso di appartenenza all’istituzione scolastica e a non lasciare nessuno indietro.
Dal 4 marzo in poi, giorno in cui è stata annunciata la sospensione delle lezioni, c’è stato un fiorire di iniziative e di applicazioni che hanno permesso a studenti e docenti di incontrarsi online e di proseguire la didattica. Tuttavia, il rischio di queste iniziative potrebbe essere che alcune famiglie siano sprovviste dei mezzi informatici e delle tecnologie necessarie per permettere la connessione ai propri figli. Spesso alcuni ragazzi possiedono solo il cellulare con un quantitativo di Giga minimo, oppure devono dividere i dispositivi di casa con fratelli e genitori le cui aziende applicano lo “smart working”.
Molti istituti scolastici, come il “Fermi” di Tivoli, hanno messo a disposizione degli allievi dei tablet in comodato d’uso per poter permettere a tutti di essere parte della formazione erogata a distanza. La sfida principale è realizzare l’obiettivo primario della scuola, ovvero l’inclusione scolastica.
Il costante contatto tra alunni e docenti, realizzato anche tramite whatsapp e piattaforme digitali permette di effettuare azioni di monitoraggio sulla partecipazione effettiva degli studenti per evitare che qualcuno resti indietro ed escluso.
I nostri studenti hanno bisogno di sentire il calore umano, di recuperare la dimensione sociale della scuola e di sentirsi parte della comunità. Come raccomandato dalla ministra Azzolina, non è importante adesso inseguire il programma e i contenuti, quanto invece offrire attraverso il dialogo ragionato affetto, supporto, strumenti critici che consentano ai giovani di comprendere il momento attuale e di analizzarlo nelle diverse sfaccettature offerte dalle discipline scolastiche.
Per quanto mi riguarda, come docente di discipline giuridiche ed economiche, in economia politica stiamo affrontando il quantitative easing e la riflessione sulle teorie economiche che abbiamo già studiato. In diritto pubblico ci si aggiorna sulla decretazione recente del governo Conte, analizzando i rapporti tra i diversi organi costituzionali.
Con i ragazzi non ci vediamo tutti i giorni, bisogna rispettare anche i tempi dettati dalle regole sul “lavoro agile”, che valgono per tutti, studenti e docenti. La settimana trascorre rapida e piena di impegni tra soluzione di esercizi e di casi pratici. E quando ci ”vediamo”, il meeting online serve anche a fare battute, ridere, ritrovare il clima disteso di classe e la complicità. Lezione agile, lezione aperta a tutti, perché nessuno a scuola adesso più che mai deve restare indietro.
E quando si tornerà a scuola, la cosa più bella sarà abbracciarsi e sorridere. Tornare ad essere quelli che eravamo, migliorati da questa dura esperienza . Con la consapevolezza di essere stati parte di questa grande onda di sostegno umano, nell’epoca più buia che il nostro Paese abbia attraversato dal dopoguerra in poi.
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