Sono 4.168 le cave autorizzate in Italia e 14.141 quelle dismesse o abbandonate, in aumento. I canoni per il loro sfruttamento? “Irrisori”, mentre la normativa di riferimento e’ “inadeguata”.
Cosi’ il Rapporto Cave 2021 di Legambiente. Vengono estratti annualmente 29,2 i milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia per le costruzioni, 26,8 milioni di metri cubi di calcare e oltre 6,2 milioni di metri cubi di pietre ornamentali, segnala il rapporto, “con canoni irrisori e in base a un quadro normativo inadeguato, una pianificazione incompleta e una gestione delle attivita’ estrattive senza controlli pubblici trasparenti”.
Il rapporto evidenzia un calo delle cave autorizzate (attive e autorizzate ma in assenza di attivita’ estrattiva in corso) che va di pari passo con la crisi del settore edilizio: sono 4.168 contro le 4.752 del Rapporto 2017 e le 5.725 di quello 2008 (- 37%). Le 14.141 cave dismesse, rilevate incrociando i dati forniti dalle Regioni e dalle Province Autonome con quelli di Istat, invece aumentano rispetto alle 13.414 del 2017. Spiccano i dati della Lombardia, con oltre 3.000 siti chiusi, ma anche della Puglia (2.522) e della Toscana (2.400). Mentre Sicilia, Veneto, Puglia, Lombardia, Piemonte e Sardegna sono le Regioni che presentano un maggior numero di cave autorizzate, almeno 300 in ognuna al momento dell’elaborazione dei dati. I Comuni con almeno una cava autorizzata sono 1.667, il 21,1% del totale dei Comuni italiani. Di questi sono 1.192 i Comuni con 1 o 2 cave autorizzate sul proprio territorio, mentre 54 Comuni hanno piu’ di 10 cave. Le storie raccolte nel Rapporto dimostrano quante sono le vertenze nei territori, da Carrara a Guidonia, da Caserta a Treviso e “come vi siano tante attivita’ nuove o vecchie che mettono a rischio il paesaggio italiano”.
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