Da quando gli uomini lasciarono le grotte in cui si rifugiavano, si cercarono tra di loro, capirono che stare insieme giovava a ciascuno di loro per difendersi, per trovare di che vivere, per conoscersi. I primi piccoli nuclei di capanne in luoghi riparati e protetti dai rigori della natura e dalle insidie degli animali fecero dell’uomo un essere un po’ meno ferino e un po’ più umano. Nacquero gli scambi tra villaggi, i commerci sulle vie di terra e d’acqua e purtroppo anche i conflitti.
Le aspirazioni, gli interessi degli esseri umani, la spinta degli eventi condussero sempre più verso agglomerati urbani più grandi, dove era possibile fondare attività che soddisfacevano le necessità della vita e in cui le durezze dell’esistenza potevano trovare sollievo in feste della comunità quasi sempre accompagnate a cerimonie in onore della divinità del luogo. Al fiorire di ogni primavera dalle città già consolidate partivano gruppi di giovani, i più dotati fisicamente e i più coraggiosi, per andare a fondare nuovi centri dove impiantare attività e dissodare campi. Era un atto di fiducia e di speranza nel futuro. Le vaste regioni della terra, prima deserte, videro nascere nuove città, dove regnavano da sempre boschi e paludi cominciarono a mostrarsi campagne lavorate, greggi al pascolo, traffici. Certo, non tutti i nuovi centri avranno vita lunga, la loro sorte dipenderà da molti fattori, il clima, le vie di comunicazione, vicine o lontane, la fertilità del suolo, tragici eventi naturali.
Ma dove il concorso dei fattori umani e naturali consolideranno gli insediamenti, essi daranno vita nel corso dei secoli a città comunque importanti o per la loro posizione strategica ai fini militari, o per la loro crescita culturale, o per le loro economie. Qui il cittadino troverà protezione e lavoro; qui curerà la sua formazione umana, culturale, religiosa. Qui si istituiranno le Università, luoghi di incontro di intelligenze e di scambi culturali, e si innalzeranno le splendide chiese romaniche, gotiche, barocche e giù, giù fino ai nostri giorni, ricercando e inaugurando nuovi stili architettonici. E insieme ad esse i magnifici palazzi del potere politico ed economico.
La città è un’opera creata dall’uomo per l’uomo. Essa è carica di storia, gli eventi più importanti dei popoli sono maturati al suo interno, segnando la lenta evoluzione dell’umanità tra errori e avanzamenti. Anche nella sfera privata si annoda un particolare legame di sentimento e di memorie con essa, che ci accompagna nella vita, ci si trovi noi a vivere ancora nel luogo natio o si sia lontano da esso. Non la dobbiamo però pensare priva di limiti, travagli e sofferenze, che nel corso dei secoli si è cercato di rimuovere e di alleviare. Le pestilenze sono state un flagello di cui ci si è liberati, quando la scienza lo ha reso possibile. I quartieri abitati dai poveri spesso erano malsani e sporchi. I ghetti, lì dove esistevano, erano sovraffollati, con abitazioni anguste, dove nelle torride giornate estive era difficile anche respirare. Insomma, come si verifica per ogni creazione dell’uomo, il positivo era ed è accanto al negativo e questo ci ha impegnati a modificare e a migliorare quanto è uscito imperfetto dalle nostre mani.
Anche oggi, accanto ai suoi tanti pregi, la città ha i suoi mali , soprattutto quando essa raggiunge grandi dimensioni, che procurano preoccupazioni e tormenti al cittadino che vi risiede. La malavita organizzata che taglieggia le attività produttive e il commercio e sempre più spesso si impadronisce con la violenza di settori dell’economia; la presenza di una certa borghesia camorristica che favorisce il malaffare; il commercio capillare della droga, che devasta le menti e i corpi dei giovani. A questi altri se ne aggiungono nelle periferie e nelle borgate, dove scarseggiano o a volte addirittura mancano del tutto i servizi indispensabili, conseguenza della espansione urbana a macchia d’olio, in spregio di ogni principio urbanistico e con la benevola disattenzione delle pubbliche amministrazioni.
Si tratta di gravi mali sociali, che portano con sé l’abbandono scolastico, perché lo spaccio apre al giovane il miraggio del facile e immediato guadagno; rendono la vita ancor più penosa agli emarginati delle lontane periferie; producono mortificazione, risentimenti e profonda sfiducia nei cittadini lì residenti, privati di diritti e considerazione che a loro si devono. I rimedi a questi mali ci sono, stanno nelle scelte e nell’intervento della politica. La prima istituzione che i cittadini incontrano nelle loro istanze è il Comune e l’Amministrazione comunale che lo governa. Le loro risposte non sono sempre all’altezza della gravità dei problemi, come provato dalle condizioni di molte periferie urbane. La ragione sta a volte nell’inadeguatezza degli amministratori, ma anche nelle insufficienti risorse finanziarie dei Comuni e soprattutto , per carenza legislativa o per resistenze di amministratori, nel mancato raccordo tra le istituzioni comunali, regionali e statali, che impedisce l’individuazione e l’impiego di finanziamenti lì dove essi potrebbero risanare situazioni di grave disagio sociale.
La politica, i partiti che di essa sono gli elaboratori, devono prendere atto di questo stato di cose e apprestare i rimedi. Soprattutto ora che con il Recovery Plan si presenta una occasione irripetibile di disporre di ingenti mezzi, di cui i Comuni possono giovarsi se saranno solleciti a presentare progetti e istanze per interventi nei settori individuati dall’Europa e dai governi. Si badi, però, a non cancellare limiti e regole per non distruggere beni non recuperabili. Come sembra si voglia fare con permissive disposizioni a proposito di interventi di cosiddetto risanamento nei centri storici, trascurando il fatto che in quei luoghi non va tutelato solo il singolo gioiello architettonico, ma si deve salvaguardare il contesto , l’insieme dell’edificato storico, senza di che il concetto di centro storico se ne va in fumo.
Le vie da percorrere, a mio avviso, ma credo anche ad avviso dei cittadini che a questi temi prestano attenzione, sono tracciate. Vanno presentati agli elettori persone probe e capaci alle scadenze elettorali; si devono riformare leggi inutilmente mortificatrici delle autonomie comunali e dare ad esse e alle Città metropolitane strumenti legislativi e risorse adeguati ai loro compiti; Magistratura e autorità di polizia devono condurre una seria lotta contro il malaffare e i corrotti che nella società e all’interno delle pubbliche amministrazioni lo spalleggiano; il primo impegno di sindaci e giunte comunali va rivolto al risanamento di borgate e quartieri periferici, che è atto riparatore di dimenticanze e ingiustizie e al tempo stesso eliminazione di facili occasioni di propaganda per imbonitori e predicatori di violenze.
E infine vanno restituiti dignità e spazio di intervento all’Urbanistica, disciplina di molti saperi, che sola può dare forma a città ordinate, serenamente vivibili, in cui si rispettino i giusti equilibri tra il loro patrimonio storico-artistico, le necessarie esigenze di futuro e la natura che le circonda e le esalta. A misura d’uomo, appunto, come si diceva un tempo.
Alcibiade Boratto
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