Ricordi: quando Monica Vitti “girò” a Tivoli per “Teresa la Ladra”

Alcuni personali appunti dei giorni a Tivoli delle riprese del film interpretato da Moniva Vitti. Sia il regista Carlo di Palma, sia la stessa Monica ci rendevano partecipe insieme alla troupe, facendoci addirittura mangiare insieme a loro. Il fim “Teresa la Ladra” è tratto dalla sceneggiatura: “ … il manicomio giudiziario da dove Teresa (Vitti) […]

Ricordi: quando Monica Vitti “girò” a Tivoli per “Teresa la Ladra”

Alcuni personali appunti dei giorni a Tivoli delle riprese del film interpretato da Moniva Vitti. Sia il regista Carlo di Palma, sia la stessa Monica ci rendevano partecipe insieme alla troupe, facendoci addirittura mangiare insieme a loro. Il fim “Teresa la Ladra” è tratto dalla sceneggiatura: “ … il manicomio giudiziario da dove Teresa (Vitti) esce dopo molti anni di internamento …” il manicomio in realtà è l’ex stabilimento delle Cartiere Tiburtine, situato in via degli stabilimenti 5 a Tivoli; nell’area archeologica del Santuario di Ercole Vincitore. Nelle immagini del film si riconosce bene l’ingresso del complesso archeologico, e di archeologia industriale, la cui costruzione iniziò nel II secolo a.C. ma che tra le tante funzioni, fino a cinquant’anni fa ospitava una cartiera. Altre parti del complesso sono state utilizzate per diverse ambientazioni del film: “ il padiglione è il carcere, dove Teresa è rinchiusa dopo il furto alla villa dei Parioli e dove, rinchiusa successivamente, tenta il suicidio per amore di Tonino … “ (interpretato da Michele Placido). Oggi sono state eliminate tutte le strutture metalliche e murarie visibili nel film e non originarie del sito archeologico. Si riconoscono le colonne, l’arco più grande al centro e la struttura metallica del tetto ancora presente. Il carcere dove Teresa è unica carcerata “ … Un terrazzo, circondato da sbarre e adiacente a due tetti ad arco è il carcere deserto dove Teresa, arrestata per il tentativo di furto alla merceria, è l’unica carcerata:… si intravede il terrazzo superiore … “(dove era posta la macchina da presa. “… Teresa, insofferente alla solitudine del luogo, appicca il fuoco alla sua cella, che risulta, essere sotto un lucernario del tetto. In seguito a tale fatto, Teresa sarà rinchiusa nel manicomio giudiziario. …” che, come già visto, è sempre a Tivoli! Il titolo del film “Teresa la Ladra” fu scelto in quanto tratto dal racconto “Memorie di una ladra” che Dacia Maraini aveva appena scritto a seguito di alcune inchieste proprio sulle condizione delle carceri femminili e dei manicomi in Italia, appartenenti alla storia; la pellicola, considerata uno dei capolavori del filone neorealista, oltre alla denuncia del contesto storico della seconda guerra mondiale, porta sullo schermo il terribile mondo dei manicomi e dei pazienti trattati come animali, spogliati di ogni avere e dignità, costretti a trascorrere un’esistenza di abusi. Dacia Maraini, si commuove, mentre sorridendo, racconta, la sua “Teresa”, una donna, sia per scelta sia per necessità, a effetto diventa una ladra, una donna conosciuta e che possedeva in sé il racconto, una donna di grande umanità trascrivendone fedelmente le avventure, (disavventure) che lei stessa le raccontava. Ne venne un vero “libro” un romanzo, poi con gli aiuti di Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia furono trascritte le sceneggiature per la trasposizione cinematografica con la regia di: Carlo Di Palma, adattandone la sceneggiatura scritta insieme ad Agenore Incroccci, Furio Scarpelli, con; il produttore: Giovanni Bertolucci, la fotografia di Dario Di Palma, le musiche di Riz Ortolani, il trucco di Goffredo Rocchetti, i costumi di: Adriana Berselli… Dacia Maraini aveva conosciuto “Teresa” durante le sue visite al penitenziario “Rebibbia”: “… mi bastò parlarle pochi minuti per capire il personaggio…”; la scrittrice seguì il suo percorso, aspettò che uscisse dal carcere e da allora la incontrò spesso prendendo appunti, trascrivendone ogni passaggio, i mille episodi della sua vita di figlia in una famiglia poverissima di Anzio, apparentemente rifiutata dal padre e dai suoi fratelli, randagia per necessità e non per scelta, aiutata solo da malviventi e donne, frequentatrice di squallidi locali, poi manicomi e patrie galere, eppure sempre allegra, semplice, solare, a suo modo “onesta”. La stessa Dacia Maraini, era sempre presente durante le riprese. L’epopea della protagonista, che si vede (nel film) all’inizio e termina con una liberatoria corsa in un prato, passa attraverso uno spaccato storico, il periodo del fascismo, della seconda guerra mondiale, la Liberazione, la ricostruzione, il boom economico, l’epoca contemporanea; prendendo come luoghi di ripresa (oltre gli interni degli stabilimenti De Paolis) Roma, Livorno, Milano, e Tivoli; raccontando una galleria di personaggi e situazioni memorabili. (Lillo Boenzi)