Il 27 gennaio il Consiglio comunale di Tivoli ha approvato il Bilancio di previsione per il triennio 25-27.È stato approvato dalla maggioranza ed è stato bocciato dall’opposizione, un classico. 15 voti a favore e 9 contrari, come dovevasi dimostrare. Publichiamo l’intervento di Antonio Picarazzi, exassessore al Bilanco del Comune di Tivoli sperando che si possa aprire un dibattito all’interno della città per capire l’importanza di alcuni atti amministrativi nella vita di una città.
Incipit
La discussione è stata monotona, a tratti persino noiosa, però non è certo questo il punto. Il dibattito si è acceso alla fine, quando l’Aula è passata alla discussione delle Mozioni, poste in coda all’ordine del giorno. Due di esse erano riferite agli assetti di bilancio anche se la cronologia della discussione le aveva fatte finire, come da logica, in coda a tutto. Lì si è scatenata la bagarre, quando cioè la già Candidata Sindaca Francesca Chimenti ha ritenuto opportuno criticare aspramente una Mozione sul Parco Malala, presentata dal PSI, Consigliere Marco Di Nicolò, e altri tre rappresentanti della Maggioranza, Ricci, Asquini e Sordini. La Chimenti ha preferito abbandonare l’Aula, mentre gli altri due Consiglieri del suo gruppo civico (Una Nuova Storia) hanno scelto di restare tra gli scranni di Palazzo San Bernardino, annunciando la propria astensione e non rinunciando ad allinearsi alle “critiche” alla mozione scagliate poco prima proprio dalla Capogruppo civica. Anche un membro dell’Opposizione è rimasto in Aula. Tutti gli altri avevano pensato bene di abbandonare l’aula a suo tempo, senza peraltro mai essere entrati nel merito della stessa mozione.
Ai fini del Bilancio di Previsione poco c’entra questa triste nota di cronaca consiliare, però ci sembra sintomatica di come vanno le cose nella politica tiburtina. L’Opposizione, peraltro mai unita fino ad ora per scelte che vanno imputate, a giudizio di chi scrive, a chi mal ha sopportato a suo tempo la fuoriuscita di una costola importante dal proprio gruppo civico, ne è uscita a pezzi, mentre la Maggioranza ha raccolto, senza colpo ferire, un risultato che non aveva scuramente programmato, pensando di proporre, insieme ad un pezzo di Opposizione, una soluzione congrua per risolvere le emergenze oggettive del Parco Malala e quelle, altrettanto oggettive, di altri Parchi comunali. Su questa roba chi è uscito dall’Aula e chi si è astenuto, dall’Opposizione, ha preferito mandare un messaggio di scarsa intelligenza politica, con un approccio del tutto autoreferenziale e personale al confronto tra le forze politiche, non solo, si badi bene, di quelle collocate all’Opposizione.
Transeat, e guardiamo oltre. Torniamo, cioè, al focus di questa analisi:
il Bilancio di Previsione.
La funzione e il ruolo che competono ad un Assessore al Bilancio sono, a dir poco, particolari, soprattutto nel caso del Comune di Tivoli. La gestione Proietti ha lasciato un assetto economico finanziario drammatico, con una evidente asimmetria collocata negli anni che vanno dal 2015 al 2019. Lo dice la Corte dei conti con una sentenza del 2022, regolarmente inviata al Comune di Tivoli, in cui vengono evidenziati errori grossolani e macroscopiche sottovalutazioni programmatiche.
C’è da dire che alcuni Consiglieri attualmente in Maggioranza e in Opposizione facevano parte, insieme e appassionatamente, della prima esperienza proiettiana. Ora, senza alcun imbarazzo, a quanto pare, chi tra questi è attualmente collocato all’Opposizione si compiace di snocciolare raccomandazioni, reprimende, indirizzi con il piglio risolutivo di una mai dimostrata competenza e di una ineffabile retorica che poco aggiunge e molto dimentica. Ovviamente, costoro appartenevano ad una forza civica, attualmente oppositiva, che esprimeva persino l’Assessore al Bilancio, il Vicesindaco e le presidenze di alcune Commissioni consiliari. Proprio a questi, oltre che a tutti gli altri loro sodali, la Corte dei conti nel 2022 ha inviato le proprie critiche per quanto concerne i bilanci dell’Ente dal 2016 al 2019.
Perché ricordiamo questo?
Semplicemente perché ci sembra necessario rammentare che la gestione Proietti ha lasciato in eredità uno sbilancio strutturale di circa 4 milioni di euro, l’incapacità a gestire una sana procedura degli incassi, una pessima gestione dei Residui, una ingombrante carenza di liquidità, un deficit finale di 38 milioni di euro, un appesantimento conseguente nell’impostazione del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità che pesa ogni anno come un macigno sugli equilibri di bilancio.
È ovvio e naturale che il previsionale 25-27 risenta di tutto questo ed è altrettanto banale ripetere che le scelte di bilancio presenti e future non possono non tener conto di questa pesante eredità.
Ciò che distingue, tuttavia, è l’approccio a tali tensioni e la programmazione che risulta necessaria per risolverle e trovare le soluzioni adeguate a mettere in sicurezza il Bilancio dell’Ente.
L’Assessore Strafonda ha più volte ribadito questa esigenza, tuttavia a chi scrive sembra che le soluzioni adottate non siano adeguate, anche se va apprezzato senza alcun dubbio lo sforzo di ricondurre le difficoltà di bilancio ad un assetto più congruo e meno preoccupante.
Il Bilancio 2025-2027, di nuovo e in peggioramento rispetto agli anni precedenti per quanto riguarda l’esercizio in corso, presenta una differenza tra entrate e uscite di circa 3,2 milioni di euro. Questo squilibrio è stato compensato, come del resto fatto negli ultimi 3 anni, con il ricorso straordinario, previsto dalla legge finanziaria del 2017, alle entrate in conto capitale per pareggiare le uscite correnti con le entrate correnti. Sono state, cioè, utilizzate entrate destinate agli investimenti per sostenere spese ordinarie di funzionamento. Questa prassi distoglie risorse alla programmazione dello sviluppo per pareggiare un deficit strutturale delle partite correnti non più sopportabile, visto che dura ormai da cinque anni circa. In questo modo l’Ente perde la propria capacità di pianificare gli investimenti proprio perché utilizza quelle risorse per garantire i servizi indispensabili.
Era possibile fare diversamente?
Il Previsionale riassume anche alcuni aumenti introdotti, eppure tali operazioni, come del resto intuibile fin dall’inizio, non si sono rivelate sufficienti ai fini degli equilibri di bilancio della parte corrente. Il nodo sta a monte, cioè nella incapacità cronica di incassare i tributi da parte dell’Ente. Il modello pre-2022 era fallimentare, mentre il Project Financing avviato nel 2023 non ha ancora dato i risultati attesi. Continuiamo a ripetere che è il modello organizzativo della riscossione ad essere sbagliato e che è necessario ricorrere ad un Agente esterno della Riscossione. Si risponde che il costo sarebbero troppo elevato, però mai si è fatta un’analisi costi/benefici dell’attuale procedura, né si è mai comparata con un progetto diverso. Gli specifici emendamenti al DUP sono stati bocciati e l’unica soluzione, secondo quanto ripetuto dall’Assessore preposto, sarebbe l’integrazione dell’attuale modello, che comunque a regime costa circa 1 milione di euro, all’interno dello Sportello Unico delle Entrate che dovrebbe entrare in funzione a fine 2025. L’idea è quella di negoziare il pagamento dei Tributi attraverso la condivisione delle necessità sociali ad essa connesse. Il problema, semmai, è dare certezze alla fase di incasso senza effettuare investimenti non risolutivi. Proprio l’Assessore in Consiglio ha riferito che presso l’Agenza delle Entrate-Riscossione, che cura il recupero coattivo delle cartelle discaricate dal Comune, c’è una giacenza di circa 32 milioni di euro, di cui si spera, qualora venisse approvata la cosiddetta rottamazione quinques, di recuperare circa il 30%, cioè una decina di milioni di euro. Il problema è che la rottamazione non è stata ancora approvata e che non si può andare avanti con provvedimenti che nascono dall’emergenza e che non aiutano a superare la soglia oramai consolidata del 65% di riscossione che rappresenta il dato storico tiburtino, mentre la media nazionale gira intorno al 70/75%. Il modello di riscossione in vigore, entrato a regime nel 2023, a tre anni di distanza non ha prodotto alcun effetto significativo sull’incasso corrente, mentre sul recupero del pregresso, la cosiddetta evasione, si è allineato grosso modo sui livelli degli ultimi 5 anni. Cioè, poco è cambiato, né, pensiamo, nulla cambierà con lo Sportello Unico delle Entrate. Chi non paga i tributi locali lo fa in virtù del fatto che non ha le risorse necessarie per farlo e, pertanto, utilizza quei fondi per autofinanziarsi senza ricorrere al credito bancario, ammesso che abbia le condizioni di merito creditizio sufficienti per accedere ai finanziamenti ordinari. Infatti, la gran parte dell’evasione si annida nella parte riferita alle attività produttive, dove molto probabilmente pesa un carico fiscale piuttosto pesante.
Lo sviluppo
Occorre impostare una politica di sviluppo capace di attirare investimenti per ampliare la base fiscale e ridurre il carico che attualmente è spalmata su una base limitata e, secondo noi, poco reattiva dal punto di vista economico finanziario. Alla fine, forse, il contribuente si convincerà pure della necessità e della convenienza di pagare, ma se non ha le risorse per adempiere a questo dovere semplicemente eviterà di farlo. Pensare alla Città in termini di sviluppo serve anche a questo, invece, il DUP ha confermato una povertà di idee specifiche e una totale assenza di Visione.
Il pareggio dell’equilibrio corrente è garantito dalle entrate previste per la Cooperativa Conti, cioè un fatto straordinario, non certo, non ricorrente e quindi poco garante di quegli stessi equilibri. Complessivamente, quelle entrate sono state stimate nel triennio a cica 16 milioni di euro e, dopo essere state utilizzate per coprire lo squilibrio di bilancio corrente, sono state altresì indirizzate agli investimenti. Cioè, l’impianto del Bilancio Comunale, sia per la parte corrente, che per gli investimenti, è collegato a un evento straordinario che è nato da un accidente molto costoso per le casse comunali, valutato in eccesso a parere di chi scrive, non ripetibile, con la scelta di bloccare il futuro indebitamento comunale, previsto e vincolato dal DUP, ad eccezione di un finanziamento pari a € 7.840.000,00 necessario per riscattare le quote azionarie attualmente in possesso del socio privato, così come deciso dalla specifica sentenza del Tribunale delle Imprese di Roma.
La scelta
È una scelta di tipo gestorio perché gli indicatori consentirebbero all’Ente di indebitarsi ulteriormente. Cioè, è una scelta politico-amministrativa legata alla gestione del cash flow, visto che i flussi finanziari non consentono, proprio perché non si incassa, di sostenere le ipotetiche uscite legate ai piani di ammortamento dei finanziamenti eventualmente richiedibili. Né, nel biennio successivo al 2025 le cose, dal punto di vista concettuale, sembrano cambiare. Permane lo squilibrio strutturale, anche se meno accentuato in questa prima fase previsionale, con l’incombenza che la certezza di questo impatto si avrà esclusivamente nel previsionale 2026 e non certo nella predisposizione della programmazione finanziaria triennale.
Il confronto
Il Bilancio, per come è stato presentato, quindi con le cifre in esso riportate, consente di comparare le previsioni di competenza 2024 con le previsioni finanziarie 2025. Ne risulta una contrazione di tutte le spese e un aumento delle entrate. L’Assessore Strafonda, in Consiglio, ha sostenuto che tale analisi non è veritiera in quanto le cifre dell’assestamento non corrisponderebbero a quelle del consuntivo. Può essere anche vero, ma una valutazione sulle ipotesi di chiusura indicate dall’assestamento 2024 effettuate a uno o due mesi dalla chiusura dell’esercizio di quanto può differire dalla realtà? Se, per esempio, il comparto sui Servizi Sociali ci offre un quadro di riduzioni di 6,5 milioni di euro del 2025 sul 2024, come è possibile che la valutazione della chiusura 2024, che pure il previsionale offre, sia così palesemente errata o sottostimata? O sono sbagliate le stime di chiusura, a un mese dalla definizione ufficiale del bilancio 2024, oppure l’Assessore ha preso un abbaglio. Sarebbe auspicabile fossero errate le valutazioni di chiusura, ovviamente. Però, poi, ci si potrebbe interrogare sulla attendibilità complessiva del previsionale con valutazioni triennali a fronte di un errore o di una sottostima dei valori di chiusura effettuata ad appena uno o due mesi dalla fine dell’esercizio.
Il DUP
Il DUP sostiene che l’Ente si può indebitare anche nella ricerca di soluzioni diverse dalla locazione per gli immobili destinati ad ospitare gli uffici e i servizi comunali. Ottimo, però il preventivo triennale non contiene questa possibilità. Se rappresenta un’idea di programmazione a medio perché non è stata recepita dalla programmazione del triennio finanziario? Inoltre, il DUP prevede che entro novembre del 2025 si dovrebbe concretizzare l’ipotesi, affidata ad ASA Servizi, delle Comunità Energetiche Territoriali, però nel preventivo non ce n’è traccia. Questa discrepanza tra un DUP povero di idee e un previsionale asettico rappresenta un’altra evidente lacuna dell’assetto proposto. Nel senso che, a parere di chi scrive, la proposta di previsionale del triennio è perfino peggiore del Documento Unico di Programmazione licenziato circa un mese fa dalla maggioranza che attualmente governa Palazzo San Bernardino.
Work in progress
Chi scrive ritiene che il Bilancio dell’Ente non sia un work in progress, nel senso che esso deve riflettere le certezze programmate dalla gestione e che può, in fase di consuntivo, variare non in maniera determinante, a meno che non si riescano ad intercettare finanziamenti sovraordinati con volumi considerevoli che le condizioni iniziali non potevano prevedere nella loro manifestazione concreta. Fissare a 16 milioni di euro gli incassi nel triennio della partita Cooperativa Conti significa costruire il Bilancio, sia per la parte corrente che per quella legata agli investimenti, su quella cifra e ad essa vincolare la spesa e gli investimenti stessi. L’unica possibilità è offerta dalla pratica della revisione di bilancio riscontrando le minori entrate che da quell’operazione potrebbero determinarsi. Questo passaggio, però, non traduce una pratica di work in progress, caso mai evidenzia una incapacità di programmazione specifica e di carattere generale.
Nel contesto del bilancio aziendale o di un ente, il termine work in progress (WIP) si riferisce a beni o progetti che sono in fase di produzione o completamento, ma che non sono ancora stati ultimati al termine del periodo contabile. Viene generalmente utilizzato per indicare lavori che sono in corso ma non ancora venduti o consegnati.
Dal punto di vista contabile, il WIP viene considerato un’attività e quindi un bene nell’ambito dell’inventario. Può includere, ad esempio, materiali, manodopera e costi indiretti già sostenuti per lavori che non sono stati ancora terminati.
Il concetto di work in progress, (WIP), pertanto, non si applica alla spesa corrente o alle entrate correnti in un bilancio comunale.
La spesa corrente riguarda le uscite destinate a finanziare i servizi ordinari, come il pagamento degli stipendi del personale, la gestione dei servizi pubblici, e altre attività quotidiane. Le entrate correnti, invece, riguardano i ricavi che provengono da imposte, tasse, trasferimenti dallo stato e altre fonti ricorrenti.
Il concetto di WIP si riferisce a progetti in corso che devono ancora essere completati e che richiedono una capitalizzazione delle spese, ma questo riguarda principalmente la spesa in conto capitale, ossia le spese per investimenti a lungo termine, come la costruzione di opere pubbliche (strade, scuole, ospedali, ecc.).
Perciò, nel bilancio comunale, il WIP sarebbe rilevante solo per la parte di spesa ed entrate relative a investimenti e opere pubbliche (come costruzione di beni durevoli), e non per la gestione ordinaria della spesa o delle entrate correnti. In pratica, solo per gli investimenti che sono ancora in corso di realizzazione, il concetto di work in progress troverebbe applicazione, in quanto implica una gestione delle risorse destinate a progetti di lunga durata che non sono ancora conclusi.
Nel bilancio comunale, tuttavia, l’aspetto relativo ai “lavori in corso” è già presente nella gestione dei residui in conto capitale, che riguarda le spese e le entrate legate agli investimenti a lungo termine, come le opere pubbliche.
Quando si parla di gestione residui in conto capitale, si fa riferimento ai fondi stanziati per progetti di investimento (ad esempio, la costruzione di una scuola o di una strada) che, a fine anno, non sono stati completamente spesi, perché i lavori non sono ancora terminati. In altre parole, i residui rappresentano gli importi che sono stati impegnati ma non ancora liquidati, e vengono portati a nuovo nell’anno successivo per continuare il finanziamento dei progetti in corso.
In questo contesto, i lavori in corso (o WIP) sono già registrati come residui, perché i costi per l’inizio dei lavori o per la parte già realizzata vengono contabilizzati, ma il progetto nel suo complesso non è ancora stato completato. I residui, quindi, servono proprio a gestire la continuità della spesa per questi progetti di investimento non conclusi entro la fine dell’esercizio.
La Corte dei Conti
La Corte dei conti, nelle sue pronunce e linee guida, ribadisce che il bilancio di previsione triennale deve rispettare determinati principi di trasparenza, veridicità e certezza. In particolare, la Corte evidenzia i seguenti aspetti:
Il bilancio di previsione triennale è fondamentale per diverse ragioni:
Il bilancio triennale deve essere basato su certezze per i seguenti motivi:
In altre parole, il Bilancio di un Comune non è sicuramente un magic box, nel senso che deve esprimere certezze e deve essere basato sulla verità.
Conclusioni
Infine, il Bilancio previsionale, pur inserito ormai nella convinzione che debba essere presidiato e rimesso in sicurezza, soffre dei medesimi problemi di sempre e il viaggio verso il pieno e definitivo assestamento appare irto di difficoltà. È vero che nella prospettiva ci potrebbe essere una riduzione dell’indebitamento finanziario delle partite già gestite, ma la proiezione futura, almeno stando a quanto ci raccontano sia lo stesso previsionale che il DUP, ci narra una storia completamente diversa. Permane il pesante deficit accumulato dalla Gestione Proietti che costringe il gestore ad accantonare ogni anno, per i futuri venti grosso modo, 2,2 milioni di euro per sostenerne lo specifico rientro così come fissato dalle norme in vigore; sulla base del DUP e delle decisioni esterne sarà necessario accendere finanziamenti consistenti per chiudere l’operazione Acque Albule e per acquisire gli immobili necessari ad ospitare gli Uffici comunali, a meno che si raccontino balle e si preferisca continuare a pagare gli affitti senza riuscire mai a patrimonializzare alcunché; sarà necessario, a breve, programmare una serie di interventi strutturali sul territorio per adeguarlo alle nuove esigenze e sottrarlo al degrado che ormai pervade soprattutto le periferie e gli spazi collettivi di inclusione. La programmazione triennale degli investimenti è basata, come abbiamo visto, esclusivamente da entrate in conto capitale collegate con l’operazione di rientro della Cooperativa Conti. Questo significa che tutti i ritardi o gli intoppi, come anche le mancate entrate, collegate a questa assoluta ipotesi potrebbero inficiare l’intero assetto degli investimenti strutturali divenuti ormai, dopo il profondo sonno proiettiano durato dieci anni, improcrastinabili ed assolutamente necessari. Né, a dire il vero, un Comune consapevole e responsabile può, per esempio, basare tutta la propria attività sulle speranze legate agli interventi sull’assetto viario delle Società o degli Enti che hanno in gestione i Servizi alla popolazione, Vedi ACEA, ENEL, TIM o altri.
La proposta, presente nel DUP, di privatizzare la Società Acque Albule basata sull’idea che l’ente pubblico non possa gestire un’attività imprenditoriale legata storicamente alla Città di Tivoli ed evidenziata anche dallo Statuto comunale, appare infondata e priva di giustificazione adeguata. Così come lo è anche l’affermazione che il mercato abbisogna di risposte diverse e puntuali garantite esclusivamente dalla gestione privata della società. Se così fosse dovremmo cedere anche l’ASA SpA!
Ad avviso di chi scrive, dietro questa scelta c’è la semplice ricerca di una scorciatoia non meditata dettata, cioè, dalla convinzione che con il ricavato dell’operazione di privatizzazione si possano risolvere i problemi del bilancio comunale. Purtroppo, così non sarà!
Innanzitutto, perché prima di arrivare alla privatizzazione occorrerà pubblicare un bando con tutti i tempi di riferimento, poi perché prima di privatizzare sarà necessario adempiere all’impegno definito dalla sentenza del tribunale delle Imprese di Roma che impone al Comune di Tivoli il riacquisto della quota attualmente nelle mani del socio di minoranza. Si è in attesa della sentenza sugli interessi connessi con questa operazione. Qualora fossero fissati in una misura diversa da quella legale il Bilancio comunale sarà sull’orlo del default, di questo tutti ne dovremmo essere consapevoli.
Nel caso in cui tutto proceda senza intoppi, rimarrà l’impressione duratura che l’Amministrazione attuale abbia preferito alienare beni preziosi del patrimonio comunitario tiburtino per risanare il bilancio, sebbene esistessero altre opzioni meno gravose.
La vendita delle Terme non risolverà i problemi, ma sicuramente renderà più povera la nostra Comunità.
Antonio Picarazzi
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