Alcibiade Boratto: il 25 aprile festeggiamolo con un sentimento di sincera riconoscenza
L’intervento del professor Alcibiade Boratto, pubblicato su XLGIORNALE del 17 aprile. Ha ricoperto in quattro occasioni la carica di Sindaco di Tivoli: dal 1967 al 1969, dal 1971 al 1973, dal 1986 al 1988 ed infine dal 1993 al 1996. È stato inoltre Senatore nell’XI legislatura (1992-1994), eletto delle file del Partito Democratico della Sinistra. 25 Aprile 2025, ottanta […]
L’intervento del professor Alcibiade Boratto, pubblicato su XLGIORNALE del 17 aprile. Ha ricoperto in quattro occasioni la carica di Sindaco di Tivoli: dal 1967 al 1969, dal 1971 al 1973, dal 1986 al 1988 ed infine dal 1993 al 1996. È stato inoltre Senatore nell’XI legislatura (1992-1994), eletto delle file del Partito Democratico della Sinistra.
25 Aprile 2025, ottanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia; in Germania il conflitto durò ancora alcuni giorni, in Giappone si concluse definitivamente con l’apocalittico bombardamento atomico di Nagasaki e Hiroshima. La guerra lasciava dietro di sé devastazioni morali e materiali, milioni di morti.
Due regimi tirannici, responsabili delle tragiche vicende belliche che vanno dal 1939 al 1945, erano stati sconfitti, ma a quale prezzo? Ora si doveva pensare al futuro, si dovevano ricostruire non soltanto città, industrie, economie, ma anche e soprattutto le menti e le coscienze degli uomini, spegnere la belluinità con la quale essi si erano scontrati e combattuti per circa sei anni in Europa e in tante altre parti del mondo, ripristinare la fiducia e la concordia tra i popoli.
Non era un compito facile, ma uomini generosi e di buona volontà si accinsero a questo compito e i frutti non mancarono. Sia pure tra tensioni e scontri ideologici, la pace fu assicurata e ci ha accompagnato per circa ottanta anni, con essa sono venuti i benefici delle scoperte scientifiche, dei progressi economici, di un diffuso e migliore livello culturale delle varie società, di una forte sensibilità per la questione sociale.
Protagoniste di questo lento e tenace lavoro di riconciliazione e di umana comprensione furono le famiglie politiche che si richiamavano ai principi del cristianesimo, del socialismo, della liberal-democrazia, che il fascismo e il nazismo avevano perseguitato e cancellato dalla vita pubblica, senza però riuscire a spepgnere la loro fede nei valori di libertà e giustizia sociale.
Valori che non cessarono mai di vivere nei cuori e nelle menti di quanti li avevano ereditati dai loro compagni e amici più anziani e che continuavano a coltivare anche nelle prigioni o nell’esilio durante il periodo buio di oppressione nazista e fascista.
Furono essi che costituirono i primi focolai della Resistenza, prima ancora della caduta dei regimi dittatoriali, che poi sfociarono in movimenti di popolo in Italia e in molti altri paesi europei.
Fu in quel periodo, tra il 1944 e il 1946, che i giovani formati nelle scuole del regime, dove vigeva il pensiero unico, impararono parole ed espressioni nuove, che traducevano pensieri alti.
Conobbero il significato vero della libertà come autodeterminazione della persona; capirono il senso della solidarietà in una società di eguali; appresero che mediante l’elezione a suffragio universale di una Assemblea Costituente si poteva dare al Paese una Costituzione che riconosceva e definiva diritti e doveri del cittadino e organizzava un libero Stato secondo la volontà popolare e non come scelta di una autorità sovrana; videro chiaramente che una società ingiusta manca di coesione interna e di pacifica convivenza.
Il contenuto profondo dell’antifascismo è questo patrimonio culturale, politico, sociale e umano, è la costruzione di uno Stato e di una società che abbiano al centro la persona, la cui dignità non può essere offesa da una fazione, dalla struttura statale o da un capo, che si autodefinisce guida infallibile.
Per dare vita a questo progetto si dovette passare per la Resistenza armata, per una guerra che, inizialmente combattuta dai partigiani contro i nazisti invasori, ben presto si rivolse contro le milizie fasciste ricostituite da Mussolini per schierarsi ancora una volta con Hitler e scagliarsi contro la nuova Italia che ad opera delle brigate partigiane di ogni colore politico stava nascendo.
Fu anche guerra civile la Resistenza, certamente, ma non per colpa di quanti avevano scelto la democrazia e per essa si stavano sacrificando.
Risulta incomprensibile, o forse no, oggi, a distanza di tanti decenni, l’atteggiamento di coloro che guardano con nostalgia al regime fascista e in genere ai regimi autoritari o brutalmente dittatoriali, impedendo una lettura del nostro passato resistenziale consapevole e condiviso. Fanno tristezza quei giovani e meno giovani che ancora si adunano per officiare riti fascisti con il braccio destro teso in avanti, talvolta richiamando anche barbari riti nazisti.

L’Europa unita già vive in loro.
In questo storico giorno ricordiamo i partigiani di Tivoli e della Valle dell’Aniene e onoriamo le vittime della violenza nazista di questo territorio.
Festeggiamo questo 25 Aprile, che per i democratici ha un profondo significato di rinnovamento culturale, politico e sociale. Festeggiamolo, non come uno stanco rito, ma con consapevolezza e con un sentimento di sincera riconoscenza.
Consapevolezza dei pericoli che corre oggi la democrazia, minacciata da ideologie autoritarie, imbastite da chi vuole disporre della sorte di uomini e territori, l’Ucraina e Gaza ne sono due dolorosi e tragici esempi.
Insidiata dalla superficialità del populismo, dalla pervasività delle menzogne social, dalla stanchezza che serpeggia nelle società propense a chiudersi nella sfera del privato, e da una conflittualità aspra tra le forze politiche, che rende confusa la dialettica democratica.
Riconoscenza per quelle donne e quegli uomini, che sulle montagne, nelle città, nelle campagne combatterono e si adoperarono in qualche modo per realizzare insieme alle forze alleate la liberazione del nostro Paese e salvare la sua dignità e il suo onore, consegnandoci un messaggio di fiducia nell’amicizia tra i popoli per poter realizzare il grande sogno dell’Unione Europea.
Alcibiade Boratto
