Eredità bloccata, uno dice no | la legge ti permette comunque di vendere la casa
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Quando un immobile viene ereditato da più persone, basta il dissenso anche di un solo erede per bloccare tutto. Ma la legge italiana prevede strumenti precisi per superare lo stallo e procedere comunque alla vendita, anche senza l’accordo di tutti. È una possibilità reale e perfettamente legittima, purché si seguano i passaggi previsti dal codice civile.
Le situazioni di eredità condivisa sono tra le più complesse da gestire, soprattutto quando gli eredi hanno visioni diverse sul futuro della casa. C’è chi vuole venderla, chi vorrebbe affittarla, chi vuole tenerla come ricordo di famiglia. In molti casi, il conflitto si protrae per mesi, se non anni, con il risultato di lasciare l’immobile inutilizzato e di bloccare l’intero patrimonio ereditario. Tuttavia, la legge chiarisce che nessun erede è obbligato a restare “prigioniero” della comunione ereditaria.
Secondo il codice civile, infatti, nessuno può essere costretto a rimanere comproprietario contro la sua volontà. Se il dissenso rende impossibile raggiungere un accordo, esistono procedure che consentono di sciogliere la comunione e arrivare comunque alla vendita del bene, anche tramite decisione del giudice. È un diritto riconosciuto a tutti gli eredi, pensato per evitare blocchi infiniti e tutelare il valore dell’immobile.
Il primo passo è sempre il tentativo di trovare un’intesa tra gli eredi. Ma se uno di loro si rifiuta di vendere senza proporre soluzioni alternative, chi vuole procedere ha due strade: chiedere lo scioglimento della comunione o proporre l’acquisto delle quote altrui. La legge permette a ogni erede di cedere la propria quota liberamente, senza bisogno dell’approvazione degli altri. Tuttavia, in molti casi, la strada più efficace resta la divisione giudiziale.
Attraverso una specifica istanza al tribunale, anche un solo erede può chiedere che la casa venga divisa o venduta all’asta, sciogliendo così la comunione forzata. Il giudice, valutata la situazione, può stabilire la vendita del bene se risulta indivisibile o se la divisione materiale non è possibile. Una volta venduto l’immobile, il ricavato viene poi ripartito tra gli eredi in base alle rispettive quote ereditarie.
La vendita forzata e i diritti di ciascun erede
Quando il giudice ordina la vendita, l’immobile viene messo all’asta secondo le procedure previste. Anche se questa soluzione può ridurre leggermente il valore finale della vendita, consente di sbloccare definitivamente la situazione. Nessun erede può opporsi a una decisione del tribunale che dispone lo scioglimento della comunione, perché il principio fondamentale è che nessuno sia costretto a rimanere comproprietario contro la propria volontà.
Un’altra possibilità, spesso sottovalutata, è quella del “diritto di prelazione”: un erede che vuole mantenere la casa può acquistare le quote degli altri, evitando la vendita esterna. È una soluzione che permette di preservare il bene in famiglia e di raggiungere un accordo più rapido, soprattutto quando gli altri eredi desiderano monetizzare il prima possibile la propria parte.

Come procedere senza commettere errori
Chi desidera avviare la procedura deve dotarsi di tutta la documentazione relativa all’eredità, compresa la successione, le quote dei singoli eredi e la perizia dell’immobile. Un avvocato o un notaio possono guidare nella presentazione della domanda di scioglimento della comunione. È importante sapere che nessun erede può impedire questo passo, perché la richiesta può essere avanzata anche da uno solo.
La divisione giudiziale non è una “punizione” per chi si oppone, ma un meccanismo previsto dal legislatore per evitare la paralisi del patrimonio ereditario. E in molti casi si rivela la soluzione più rapida per sbloccare anni di tensioni familiari e gestire in modo equilibrato il valore dell’immobile.
In sintesi, l’eredità non può essere ostaggio del dissenso di un singolo. Se la casa è indivisibile e gli eredi non trovano un accordo, la legge permette di venderla comunque, garantendo a ciascuno la propria parte. Un diritto fondamentale, che tutela la libertà patrimoniale e evita di lasciare immobili fermi, inutilizzati e spesso deteriorati.
