Guidonia, vandali al Parco di Valerio | Campetto chiuso dai volontari: “intervento educativo”

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A Setteville Nord, il campetto del Parco di Valerio resta chiuso per un giorno: i volontari denunciano rifiuti, abusi e inciviltà dopo mesi di vandalismi.

Un parco appena riqualificato, riaperto a settembre con la speranza di restituire al quartiere un’area verde curata e accogliente. E invece, in soli due mesi, il “Parco di Valerio” di via Percile, a Setteville Nord, è diventato teatro di ripetuti episodi di inciviltà: rifiuti abbandonati, oggetti personali lasciati ovunque, cicche sul campo in erba sintetica e piccoli danneggiamenti. È il bilancio amaro tracciato dai volontari dell’associazione “Marcosimoneonline-Amici di Semola”, che gestiscono l’area comunale occupandosi ogni giorno dell’apertura e della chiusura dei cancelli.

Per dare un segnale forte, oggi – domenica 23 novembre – hanno deciso di tenere chiuso il campetto di calcetto interno al parco. Nessuna serrata definitiva, ma un gesto definito dagli stessi volontari come “intervento educativo”, accompagnato da un lungo messaggio e da una serie di foto pubblicate sulla pagina Facebook dell’associazione. L’obiettivo è scuotere il quartiere: far capire che il parco è di tutti ma, senza rispetto, a pagarne le conseguenze sono innanzitutto i cittadini che lo frequentano in modo corretto.

Il Parco di Valerio, dedicato a un bambino scomparso nel 2017, è un’area verde comunale che negli ultimi mesi ha ritrovato vita grazie a lavori di sistemazione e alla cura quotidiana dei volontari. Proprio per questo, vedere il campetto ridotto ogni weekend a discarica improvvisata ha ferito chi da anni si impegna gratuitamente per mantenerlo pulito e fruibile.

Rifiuti ovunque e richiami ignorati: perché i volontari hanno deciso di chiudere il campetto

Nelle immagini diffuse dall’associazione si vedono chiaramente rifiuti abbandonati nel campetto di calcetto: bottiglie di plastica, cartacce, fazzoletti usati, vestiti vecchi e oggetti personali buttati in terra o lasciati sulle panchine. I volontari raccontano che questa situazione si ripete praticamente ogni fine settimana, in particolare tra il sabato e la domenica, da quando il parco è stato riaperto a settembre.

Nel post pubblicato sui social, chi gestisce il Parco di Valerio elenca con precisione quello che viene trovato ogni lunedì mattina: panchine sporche, spazzatura ovunque, cicche di sigarette infilate in ogni angolo dell’area gioco e soprattutto sull’erba sintetica del campetto. Poi l’elenco degli oggetti abbandonati: vestiti sporchi, calzini bucati, scarpe distrutte, felpe rovinate, guanti logori. Non si tratta solo di rifiuti legati a un pomeriggio di gioco, ma spesso di cose che non servono più e che qualcuno pensa di poter lasciare lì, come se il parco fosse un deposito o una discarica a cielo aperto.

Prima della decisione di chiudere per protesta, l’associazione aveva provato la strada dei richiami pubblici: post sui social, appelli alla responsabilità, inviti a rispettare il parco e chi se ne prende cura. Tentativi che, a giudicare dalle condizioni in cui viene ritrovato il giardino ogni fine settimana, non hanno ottenuto i risultati sperati. Da qui la scelta di alzare il tono del messaggio, con una chiusura simbolica del campetto e un cartello molto diretto affisso all’ingresso.

“Cari visitatori – si legge nell’avviso – ci rivolgiamo a voi che frequentate il parco di sabato e domenica. Fin dalla sua riapertura il parco viene lasciato in condizioni sgradevoli proprio di sabato e domenica. Le foto parlano da sole: panchine sporche, spazzatura ovunque, cicche di sigarette infilate in ogni angolo”. Parole che non lasciano spazio a dubbi sul disagio provato da chi ogni volta deve intervenire per rimettere in ordine.

Il passaggio più duro arriva quando i volontari definiscono questo comportamento “da trogloditi”, usando volutamente un linguaggio netto ma, come dicono loro stessi, “con gentilezza ma senza girarci intorno”. Poi il messaggio chiave: “Questo parco è di tutti, ma il rispetto non lo è”. Da qui la decisione di chiudere il campetto per la giornata di domenica 23 novembre, spiegando chiaramente che, se non cambierà l’atteggiamento di chi frequenta l’area nel weekend, le chiusure potranno diventare “sempre più frequenti e più rigide”.

Un segnale al quartiere e il rischio di chiusure future

La scelta dei volontari del Parco di Valerio ha un significato che va oltre il singolo episodio. È un modo per ricordare al quartiere che dietro un’area verde pulita ci sono tempo, fatica e impegno costante. Ogni volta che il parco viene lasciato in condizioni indecorose, c’è qualcuno che il giorno dopo deve rimboccarsi le maniche: raccogliere bottiglie, svuotare sacchi di spazzatura, rimettere in ordine le panchine, sistemare ciò che è stato rotto o spostato.

La chiusura del campetto per una giornata è quindi un gesto di protesta, ma anche un invito a prendersi una responsabilità collettiva. Nel cartello affisso dai volontari c’è spazio anche per un ringraziamento “a chi già rispetta il luogo e a chi inizierà a farlo”, a sottolineare che non tutti si comportano in modo scorretto e che esiste una parte di cittadinanza attenta e grata per il lavoro svolto. È proprio questa parte sana del quartiere che i volontari sperano di coinvolgere di più, per fare pressione su chi usa il parco in modo incivile.

Il rischio, se non cambierà nulla, è che il parco diventi sempre meno accessibile, con chiusure frequenti o limitazioni all’uso del campetto. Un paradosso per un’area che è stata riqualificata con l’obiettivo opposto: offrire ai ragazzi e alle famiglie un luogo sicuro dove giocare, incontrarsi, passare il tempo all’aria aperta. Il parco dedicato a Valerio dovrebbe essere uno spazio di memoria e cura, non un luogo da restituire ogni settimana a chi raccoglie “lo schifo lasciato da degli incivili”, come si legge nel post.

La speranza dei volontari è che questo “intervento educativo” faccia riflettere. Che chi usa il campetto per giocare capisca che, alla fine, a rimetterci sono proprio i bambini e i ragazzi che rispettano le regole. E che il quartiere, davanti alle foto e alle parole pubblicate sui social e affisse al cancello, decida di non voltarsi più dall’altra parte. Perché un parco è davvero “di tutti” solo se tutti si sentono responsabili di come lo lasciano.