Addio a Nicola Pietrangeli | Il signore del tennis che rese l’Italia grande nel mondo: l’eredità di un campione infinito
Nicola Pietrangeli (Rai Play) - NotiziaLocale
Con la scomparsa di Nicola Pietrangeli, avvenuta a 92 anni, il tennis italiano saluta una delle sue figure più luminose e riconoscibili. Campione elegante, personalità carismatica, volto di un’epoca in cui il tennis iniziava a entrare nelle case degli italiani, Pietrangeli ha accompagnato per decenni la crescita di questo sport nel nostro Paese, prima in campo e poi fuori, come capitano, dirigente, commentatore e memoria vivente di una storia fatta di vittorie, record e aneddoti diventati patrimonio collettivo.
Nato a Tunisi l’11 settembre 1933, è stato considerato fra i dieci migliori tennisti del mondo tra il 1957 e il 1964, raggiungendo il numero 3 del ranking mondiale. È stato il primo italiano a imporsi in un torneo del Grande Slam, aprendo una strada che per molti anni è rimasta affidata quasi soltanto al suo nome. Il suo stile, fatto di classe naturale, gioco vario e grande intelligenza tattica, lo ha reso uno dei volti più amati del tennis internazionale, ben oltre i confini nazionali.
Roland Garros, Davis e 67 titoli: la carriera di un campione totale
Il legame tra Nicola Pietrangeli e il Roland Garros è parte fondante della sua leggenda. A Parigi il campione azzurro ha trionfato per due volte, nel 1959 e nel 1960, diventando il primo italiano a vincere uno Slam e portando sulla terra rossa francese un tennis fatto di pazienza, fantasia e resistenza mentale. In carriera ha conquistato complessivamente 67 titoli, un numero che ancora oggi impressiona per costanza e longevità sportiva.
Tra le sue imprese spiccano anche i tre successi al prestigioso torneo di Monte Carlo e le due vittorie agli Internazionali d’Italia, eventi che hanno contribuito a consacrarlo come simbolo di un tennis elegante e vincente. Ma i numeri non raccontano tutto: Pietrangeli è stato il volto di un’epoca in cui giocare a tennis significava anche rappresentare il proprio Paese in un contesto internazionale in rapida evoluzione.
Il rapporto con la Coppa Davis è forse il tratto più emblematico del suo percorso. Pietrangeli è ancora oggi il primatista mondiale di tutti i tempi per partite giocate nella competizione (164), incontri vinti in singolare e in doppio. Da giocatore ha raggiunto la finale nel 1960 e nel 1961, sfiorando un trionfo che sarebbe arrivato solo più tardi, ma da capitano ha guidato l’Italia alla prima, storica vittoria del trofeo nel 1976 in Cile. Quella Davis resta uno dei momenti più iconici dello sport italiano, un’impresa che ha segnato la memoria di intere generazioni.
Le sue gesta in campo hanno contribuito a costruire l’immagine di un’Italia capace di confrontarsi ad armi pari con i grandi del tennis mondiale. In un’epoca in cui i mezzi di comunicazione non avevano la potenza attuale, la figura di Pietrangeli ha rappresentato un ponte tra il pubblico e uno sport che, anche grazie a lui, avrebbe conquistato un posto stabile nel cuore degli appassionati.
La stessa famiglia, in una nota, lo ha ricordato come «figura iconica dello sport italiano e internazionale, esempio di eleganza, talento e dedizione», sottolineando come la sua eredità vada ben oltre i risultati: «la sua passione, il suo spirito competitivo e la sua ironia rimarranno per sempre patrimonio di tutti coloro che lo hanno conosciuto, seguito e amato».
L’eredità umana e sportiva: il ricordo del mondo del tennis e delle istituzioni
La notizia della sua morte ha suscitato una lunga scia di messaggi di cordoglio, a partire dalle istituzioni. La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo ha definito «un simbolo del tennis italiano», ricordandolo come il primo azzurro a vincere uno Slam, inserito nella Hall of Fame mondiale e capace di «portare in alto il nome dell’Italia nel mondo». Un tributo che restituisce il peso della sua figura non solo sul piano sportivo, ma anche in termini di immagine internazionale del Paese.
Il presidente della FITP, Angelo Binaghi, ha sottolineato come «il tennis italiano perde il suo simbolo più grande» aggiungendo una nota personale: «e io perdo un amico». Nel suo ricordo, Pietrangeli non è stato soltanto un campione, ma «il primo a insegnarci cosa volesse dire vincere davvero, dentro e fuori dal campo», il punto di partenza di tutto ciò che il tennis azzurro è diventato. Con lui, ha spiegato Binaghi, «abbiamo capito che anche noi potevamo competere con il mondo, che sognare in grande non era più un azzardo».
Al di là dei numeri e dei successi, chi lo ha conosciuto ricorda soprattutto il suo modo di essere. Pietrangeli è stato descritto come un uomo di ironia tagliente, spirito libero e inesauribile voglia di vivere, capace di rendere il tennis qualcosa di profondamente umano e, come ha scritto Binaghi, «profondamente italiano». Il suo carisma ha attraversato epoche diverse, dialogando con generazioni che lo hanno visto prima campione, poi capitano, infine figura di riferimento in tribuna, nei circoli, in televisione.
Nei prossimi giorni saranno rese note le informazioni sulle esequie e su eventuali momenti pubblici di commemorazione, che si preannunciano partecipati. La famiglia ha già ringraziato quanti stanno esprimendo affetto e vicinanza, segno di un’eredità sportiva e umana che resta viva nel ricordo di tifosi, colleghi e appassionati.
Con l’addio a Nicola Pietrangeli si chiude una pagina irripetibile della storia del tennis italiano, ma resta il solco tracciato da un campione che ha portato l’azzurro sui campi più prestigiosi del mondo. I suoi record, le sue vittorie, il suo stile e il suo sorriso continueranno a vivere nel ricordo di chi lo ha visto giocare, di chi ne ha sentito parlare e di chi, guardando alle imprese del tennis di oggi, sa che molto di ciò che esiste affonda le radici proprio nella sua straordinaria parabola sportiva.
