Cannabis light, esplode il caos nella maggioranza: la norma che la “ri-legalizza” spunta in Manovra e FdI la ritira in panico

Cannabis light, esplode il caos nella maggioranza: la norma che la “ri-legalizza” spunta in Manovra e FdI la ritira in panico

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Un emendamento firmato Fratelli d’Italia riapre per poche ore il mercato della cannabis light, poi il partito fa marcia indietro precipitosamente. Cosa prevedeva davvero la norma e perché è scoppiata la tempesta politica.

Quello che è accaduto attorno alla cannabis light nelle ultime ore somiglia più a un corto circuito politico che a un’operazione legislativa ragionata. Nel cuore della discussione sulla Manovra, infatti, tra gli emendamenti segnalati dai partiti è comparsa una proposta firmata dal senatore di Fratelli d’Italia, Gelmetti, che di fatto avrebbe riportato in Italia la commercializzazione delle infiorescenze di canapa con THC fino allo 0,5%. Una reintroduzione totale del mercato, appena sei mesi dopo che il decreto Sicurezza aveva imposto lo stop a produzione e vendita, equiparando la cannabis light alle droghe.

La norma è rimasta in vita solo poche ore. Scoppiato il caso, FdI è andato nel panico: prima ha tentato di giustificarla come una misura contro il settore, fondata su una supertassa al 40% per “contrastare la diffusione” della cannabis light. Poi, travolto dalle critiche interne e dal disallineamento con la linea del governo, è stato costretto a ritirare tutto in fretta. Nel frattempo, opposizioni e osservatori parlano di improvvisazione totale e di un evidente imbarazzo politico.

Cosa prevedeva davvero l’emendamento di FdI e perché avrebbe reso legale la cannabis light

La proposta prevedeva l’introduzione di un’imposta del 40% sul prezzo di vendita per infiorescenze fresche o essiccate e derivati liquidi della cannabis light destinati al fumo o inalazione. Non si trattava quindi di un divieto, ma dell’esatto contrario: la norma avrebbe riaperto la vendita di prodotti oggi proibiti dal decreto Sicurezza, purché autorizzati dall’Agenzia delle Dogane.

Ad avere accesso al mercato sarebbero stati tabaccai e negozi specializzati, sottoposti a un regime fiscale pesantissimo. Eppure, al di là dell’onere economico, la sostanza non cambiava: la cannabis light sarebbe tornata legalmente in commercio. Una contraddizione netta rispetto alla linea politica della maggioranza, che aveva fondato la sua campagna ideologica contro le “dipendenze” proprio sul divieto totale di questi prodotti.

L’emendamento è stato segnalato per la discussione in Senato, ma è sparito dal fascicolo nel giro di poche ore. La fretta del ritiro ha accentuato la percezione di un pasticcio interno più che di una scelta meditata.

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Il caos dentro FdI e la rabbia delle opposizioni: “Non sanno cosa fanno”

Di fronte al malcontento scoppiato nella maggioranza, FdI ha tentato inizialmente una giustificazione improbabile: l’imposta al 40%, hanno spiegato, avrebbe avuto lo scopo di “contrastare il business della cannabis light, non certo legalizzarla”. Una tesi smentita dalla lettera stessa dell’emendamento, che autorizzava la vendita e stabiliva un quadro operativo per il commercio.

Non è bastato. L’ufficio stampa del partito ha parlato di interlocuzioni con i ministeri e della necessità di “capire come contrastare questa filiera”. Ma ormai il contraccolpo politico era inevitabile. In poche ore l’emendamento è stato ritirato, lasciando dietro di sé un clima di confusione e polemiche.

Durissime le reazioni dell’opposizione, che ha accusato il governo di incoerenza e improvvisazione. Chiara Appendino (M5s) ha ricordato che la maggioranza, con la sua “crociata ideologica”, ha distrutto un settore economico in crescita, cancellando migliaia di posti di lavoro e criminalizzando attività perfettamente legali.

Ancora più tagliente Riccardo Magi (+Europa): “Prima proibiscono, poi ri-legalizzano, poi proibiscono di nuovo. Altro che cannabis light: è la maggioranza a essere stupefacente”. Secondo Magi, il vero problema è che “non sanno di cosa parlano e tantomeno cosa fanno”, con danni diretti sulle imprese coinvolte.

Alla fine resta un dato politico evidente: il governo aveva impostato una linea durissima contro la cannabis light, ma un emendamento interno ha rischiato di ribaltarla nel giro di poche ore. Un incidente che, oltre a rivelare divisioni interne, rimette al centro il destino di un settore economico fermo da mesi e privo di una direzione chiara.

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