Più poveri di quindici anni fa: l’Italia che arretra mentre i super-ricchi volano | Il rapporto che gela le famiglie
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Il nuovo rapporto Censis fotografa un Paese spaccato: quasi tutte le famiglie perdono ricchezza, mentre il top 10% si arricchisce. E il boom dell’occupazione riguarda solo gli over 50, con stipendi reali più bassi di quattro anni fa.
C’è un dato che attraversa il nuovo rapporto Censis come un filo teso: le famiglie italiane oggi sono più povere di quindici anni fa. Non è solo una percezione, ma una fotografia precisa che mostra quanto il potere d’acquisto si sia assottigliato dal 2011 a oggi. La ricchezza reale media è infatti scesa dell’8,5%, un arretramento che pesa su larghissime fasce della popolazione e che si scontra con il dato più clamoroso: mentre la maggioranza degli italiani ha perso terreno, la fascia più ricca della popolazione ha invece aumentato il proprio patrimonio.
Il Censis racconta un Paese che, mentre combatte con inflazione, salari stagnanti e una struttura demografica sempre più sbilanciata, vede crescere la distanza tra chi fatica a coprire le spese essenziali e chi accumula ricchezza. Un divario che non solo non si sta chiudendo, ma continua ad ampliarsi. E i dati sul lavoro e sugli stipendi, confermati anche dall’Istat, aggiungono un ulteriore tassello: il tanto citato boom occupazionale riguarda quasi esclusivamente gli over 50, mentre giovani e lavoratori più fragili arretrano.
Ricchezza in fuga: nove famiglie su dieci perdono patrimonio, l’élite cresce da sola
Dal 2011 a oggi la ricchezza reale delle famiglie è diminuita dell’8,5%. Ma quel che appare come un calo generalizzato nasconde un quadro molto più duro: il 90% delle famiglie italiane si è impoverito, con picchi drammatici proprio tra i nuclei più vulnerabili.
La metà più povera della popolazione ha perso il 23,2% del proprio patrimonio. Non va meglio alle famiglie che stanno immediatamente sopra questa fascia, quelle considerate “benestanti ma non ricche”, che registrano cali tra il 24% e il 35%. Persino il nono decile, cioè chi era a un passo dai più ricchi, cede il 17,1%.
Ma c’è un decile che si muove in direzione opposta: il 10% più ricco guadagna il 5,9% in più, con un patrimonio ormai pari al 60% della ricchezza nazionale. E restringendo ancora il campo, il 5% più ricco detiene da solo quasi la metà della ricchezza del Paese. Una concentrazione mai così accentuata dal 2011.
La metà più povera degli italiani invece si divide appena il 7,3% del totale, mentre quindici anni fa era l’8,7%. Il risultato è un’Italia in cui la forbice economica non si è solo allargata, ma ha raggiunto livelli tali da modificare gli equilibri sociali e la mobilità tra classi.

Prezzi alle stelle, stipendi reali in caduta e un mercato del lavoro che esclude i giovani
A scavare ulteriormente la distanza tra le famiglie è stata l’ondata inflattiva successiva alla pandemia. Il prezzo del carrello della spesa è esploso del 23% in cinque anni, con aumenti che sfiorano il 32% per frutta e verdura e il 25% per pane e prodotti essenziali. Le famiglie hanno dovuto spendere il 22,2% in più per comprare meno prodotti, e lo stesso fenomeno ha toccato anche l’abbigliamento.
In questo scenario, il governo ha rivendicato il boom occupazionale degli ultimi anni: il tasso è arrivato al 62,7%, il più alto di sempre. Eppure la realtà è molto meno positiva di quanto sembri. Quasi tutti i nuovi occupati – oltre 700mila su 833mila – hanno più di 50 anni.
Nel 2025 il fenomeno si è accentuato: mentre 446mila over 50 trovavano lavoro, under 35 e lavoratori tra 35 e 49 anni lo perdevano. Sono aumentati anche gli inattivi, cioè i giovani che non lavorano e non cercano un impiego.
A rendere il quadro ancora più difficile ci sono i salari. Nonostante i rinnovi contrattuali, gli stipendi reali – cioè il potere d’acquisto effettivo – sono ancora più bassi dell’8,8% rispetto al 2021. Nel 2024 e 2025 questo divario si è ridotto di pochissimo. A questo ritmo, dicono gli economisti, serviranno decenni prima di tornare ai livelli pre-inflazione.
Il Censis e l’Istat, dunque, convergono in una conclusione inevitabile: il Paese è cresciuto, ma in modo sbilanciato. Chi aveva molto oggi ha ancora di più, mentre una larga parte della popolazione combatte ogni mese per mantenere lo stesso tenore di vita di quindici anni fa.
