Inps, il nuovo anno inizia nel peggiore dei modi per questi italiani: sul conto corrente niente soldi
Conguaglio di gennaio-Notizialocale.it (Fonte: Freepik)
Per una parte dei pensionati il nuovo anno potrebbe cominciare con una doccia fredda: al posto della pensione accreditata sul conto corrente, il cedolino di gennaio rischia di mostrare un importo quasi azzerato, o addirittura nessun euro in pagamento, per effetto del conguaglio fiscale effettuato dall’Inps.
Gennaio viene spesso associato agli aumenti delle pensioni legati alla rivalutazione, ma accanto alla buona notizia c’è un lato nascosto che molti sottovalutano. Sul primo assegno dell’anno, infatti, si sommano sia il piccolo incremento dovuto alla perequazione, sia le trattenute per il ricalcolo delle imposte. È in questo intreccio che alcuni pensionati rischiano di ritrovarsi con pensione di gennaio drasticamente ridotta o con niente soldi sul conto, non per un errore dell’Inps ma per una vera e propria operazione di saldo con il Fisco.
Il motivo è che gennaio è a tutti gli effetti il mese del conguaglio. L’Inps, in qualità di sostituto d’imposta, ricalcola a consuntivo le ritenute Irpef e le addizionali regionale e comunale tenendo conto di quanto è stato realmente percepito nel corso dell’anno. Se dalle verifiche emerge che durante l’anno sono state trattenute meno tasse del dovuto, l’Istituto è tenuto a recuperare la differenza direttamente dalla pensione. E nel peggiore dei casi l’importo del cedolino può risultare talmente eroso da arrivare a poche decine di euro, se non a zero, lasciando il pensionato senza la liquidità su cui contava a inizio anno.
Perché il cedolino di gennaio può svuotarsi all’improvviso
Per capire come si arrivi a una pensione azzerata bisogna osservare come vengono calcolate le trattenute nel corso dell’anno. Mese dopo mese, l’Inps applica le ritenute fiscali su una base presunta di reddito: si parte dall’importo ordinario della pensione e si ipotizza che resti invariato fino a dicembre. Ma durante l’anno possono intervenire variazioni non previste, come arretrati di perequazione, somme una tantum, ricalcoli di trattamenti o ricostituzioni di pensione, che fanno salire il reddito complessivo. A fine anno, quando l’Istituto ha il quadro completo dei dodici mesi, ricalcola l’Irpef dovuta e, se le trattenute sono risultate insufficienti, procede a recuperare l’intero debito sul cedolino di gennaio e, se necessario, anche su quello di febbraio.
Secondo quanto chiarito dall’Inps nelle indicazioni sul cedolino, il conguaglio riguarda non solo l’Irpef ma anche le addizionali regionali e comunali, che vengono trattenute a saldo proprio all’inizio dell’anno successivo. Per un pensionato che percepisce, ad esempio, circa 1.900 euro lordi al mese e che nel corso dell’anno abbia ricevuto arretrati o pagamenti straordinari, il ricalcolo può determinare un debito importante. Se a questo si sommano le addizionali dovute in regioni con aliquote elevate, l’importo da recuperare può raggiungere facilmente i 700, 900 o addirittura 1.200 euro. In questi casi l’Inps, agendo come sostituto d’imposta, trattiene quanto necessario direttamente dalla pensione: se il debito è pari o superiore all’importo dell’assegno, la pensione di gennaio può risultare nulla e, nei casi più pesanti, anche quella di febbraio continua a essere intaccata.

Chi rischia davvero e quali tutele ha previsto l’Inps
Non tutti i pensionati, però, corrono lo stesso rischio di ritrovarsi il conto corrente senza accredito a gennaio. A essere maggiormente esposti sono coloro che hanno trattamenti medi o medio-alti e che nel corso dell’anno hanno visto aumentare il proprio reddito complessivo per effetto di arretrati, conguagli, una tantum o ricalcoli. In più pesano le differenze territoriali: nelle regioni dove le addizionali regionali e comunali sono particolarmente alte, la voce delle imposte locali può incidere in modo significativo sul cedolino. Chi invece percepisce una pensione modesta e non ha avuto variazioni particolari difficilmente vedrà l’assegno azzerato, anche se può comunque ritrovarsi con qualche decina di euro in meno per effetto del conguaglio.
Per i redditi pensionistici più bassi la normativa prevede una tutela specifica, recepita dall’Inps nelle procedure di conguaglio. Se l’importo annuo complessivo dei trattamenti pensionistici non supera i 18.000 euro lordi e il debito Irpef risulta superiore a 100 euro, l’Istituto non può recuperare tutto in un’unica soluzione: scatta automaticamente la rateizzazione obbligatoria del conguaglio, suddivisa in undici quote mensili dal cedolino di gennaio a quello di novembre. In pratica, invece di vedere sparire centinaia di euro in un solo mese, il pensionato subisce una trattenuta più contenuta, distribuita nel tempo. Un esempio aiuta a capire: una pensionata che percepisce circa 1.300 euro lordi al mese, per un totale annuo di poco meno di 17.000 euro, e che si ritrova con un debito Irpef di 330 euro, non subisce l’azzeramento della pensione di gennaio; l’importo viene spalmato in rate di circa 30 euro al mese, rendendo il peso del conguaglio più sopportabile nella gestione delle spese quotidiane. In ogni caso, per evitare sorprese e capire se si rientra tra i soggetti a rischio, è fondamentale accedere al servizio online dell’Inps dedicato al cedolino, leggere con attenzione le voci legate a conguaglio Irpef, addizionali e rateizzazioni e, se necessario, chiedere supporto a un patronato o a un intermediario di fiducia, prima che l’assenza di soldi a gennaio renda ancora più difficile affrontare le spese dell’inizio anno.
