Negozi di prossimità contro la desertificazione commerciale!

L’idea l’ha offerta un recente convegno che si è svolto a Bari, organizzato dalla Camera di commercio della città al quale ha partecipato il direttore di Barcelona Comerc, la fondazione pubblico-privata di Barcellona che aggrega e rappresenta circa 25.000 negozi e 23 associazioni commerciali della città spagnola. Tema comune alle due città, la difesa dei […]

Negozi di prossimità contro la desertificazione commerciale!

L’idea l’ha offerta un recente convegno che si è svolto a Bari, organizzato dalla Camera di commercio della città al quale ha partecipato il direttore di Barcelona Comerc, la fondazione pubblico-privata di Barcellona che aggrega e rappresenta circa 25.000 negozi e 23 associazioni commerciali della città spagnola. Tema comune alle due città, la difesa dei negozi di prossimità, come arrestarne la morìa e di conseguenza, come fermare quella che nelle piccole città e ancor di più nei piccoli paesi, viene ormai definita la desertificazione commerciale. Recenti indagini statistiche hanno dimostrato che la presenza di sufficienti esercizi commerciali nel luogo dove si risiede, soddisfa gli abitanti più di ogni altra struttura, sia essa sanitaria, sportiva o area verde. Per l’88% delle persone essa è determinante per la scelta insediativa. Non solo, anche in relazione agli edifici, i negozi di prossimità fanno aumentare il valore degli immobili di circa il 20% mentre nei quartieri dove i negozi scompaiono si constata un deprezzamento medio del 15%.

 

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Dati preoccupanti

Sono dati che fanno riflettere, anche in relazione al valore sociale ed infatti la stessa inchiesta testimonia la funzione positiva dei negozi: come occasione di incontro (64%), attenzione alle persone fragili e anziane (59%), maggiore sicurezza (57%), cura degli spazi pubblici (54%). Dall’altro lato, per gli acquisti di abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%) i centri commerciali e le grandi strutture distributive prevalgono lasciando un misero due-cinque per cento ai negozi di prossimità. Ormai, si tratta di un tipo di merceologie irreperibili, o quasi, in centro. Sempre più rari i negozi di elettrodomestici, abbigliamento, cartolibrerie, artigianato, alimentari. L’aumento viene invece percepito dagli intervistati (43%) per i servizi del tempo libero: bar, ristoranti, pub.

Le conseguenze

E’ una una fotografia che rispecchia abbastanza fedelmente ciò che sta succedendo da tempo nel centro storico di Tivoli, in Val d’Aniene e nella Valle Empolitana dove, lentamente ma inesorabilmente, scompaiono, oltre ai negozi, anche le filiali delle banche e addirittura gli uffici postali. Le cifre sono impietose, quasi 26 milioni di italiani hanno visto scomparire uno o più negozi di prossimità mentre nel 2023 in Italia sono stati consegnati, dal commercio on-line, complessivamente circa 906 milioni di pacchi! La conseguenza del fenomeno si riflette negativamente sulla qualità della vita, sociale e non solo, dei residenti. I furgoni delle consegne sostano ovunque, sia esso un marciapiede o una fermata d’autobus.

Le cause

Le cause della cosiddetta desertificazione commerciale sono più di una, dal mercato sempre più competitivo che non consente reddito di sopravvivenza agli esercizi, alla difficoltà di avere un magazzino rifornito, alla spietatezza del commercio on line che ha limitate spese di gestione, fino alla sostituzione dei contatti sociali da tastiera e monitor. Punto cruciale questo di internet, in genere chi gestisce un negozio di prossimità, lo fa in prima persona e non riesce a confrontarsi tempestivamente, con le richieste e le recensioni che appaiono sulla rete. Difficili le soluzioni per una competitività impossibile se non con l’associarsi per gestioni comuni di magazzini e acquisti per negozi simili tra loro, accoglienza migliore, possibilità dei clienti di ordinare on line e ritirare nel negozio di prossimità. Le soluzioni auspicabili Regioni e grandi Comuni hanno già adottato o stanno ipotizzando misure fiscali di sostegno per i negozi di vicinato mentre si pensa ad una web tax sul commercio on line. Non solo questo però, anche tutti i cittadini dovrebbero fare la loro parte riducendo l’enorme mole di ordini on line. Specialmente in settori che vedono un dilagare dell’usa oggi e poi getta. Nell’abbigliamento e nell’elettronica per esempio, una recente inchiesta televisiva ha mostrato, per questi settori, impressionanti immagini di lavoratori schiavizzati ed immense discariche di abiti e componenti di computer ed elettrodomestici. Una presa di coscienza è indispensabile da parte di tutti, nel tentativo di arginare un mutamento che, se non è climatico, in questo caso è sociale e di identica gravità. Gianni Innocenti