Valditara respinge i precari, i tribunali condannano lo Stato a 2.000 € per ogni 500 € negati | la legge parla chiaro

Valditara respinge i precari, i tribunali condannano lo Stato a 2.000 € per ogni 500 € negati | la legge parla chiaro

giuseppe-valditara-carta-docente_-_scoppia_la_bomba_-_notizialocale.it

La controversia sulla Carta docente esplode: il Ministero dell’Istruzione viene condannato a risarcire circa 2.000 euro di spese legali per ogni bonus da 500 euro negato ai precari. I tribunali parlano chiaro e il conto per lo Stato diventa enorme.

Per anni la questione della Carta docente concessa solo ad alcuni insegnanti ha generato tensioni, ricorsi e proteste. Oggi quella frattura si traduce in un fardello economico senza precedenti. I supplenti con contratto fino al 30 giugno, esclusi dalla platea dei beneficiari fino al recente intervento normativo, hanno portato la questione davanti ai tribunali e quasi sempre ottenuto ragione. Le sentenze riconoscono una discriminazione in contrasto con le norme europee sulla parità di trattamento tra personale precario e personale di ruolo, con conseguenze pesantissime per il bilancio dello Stato.

Gli insegnanti esclusi non solo hanno diritto ai 500 euro previsti dalla Carta docente, ma anche a un rimborso delle spese legali stimato in circa 2.000 euro per ogni ricorso vinto. Una somma che moltiplicata per decine di migliaia di ricorrenti delinea un quadro critico, definito “allarmante” anche da molte voci parlamentari.

Le ragioni dei ricorsi e il peso delle sentenze

Per anni il bonus per la formazione è stato riconosciuto ai soli docenti con contratto annuale fino al 31 agosto, mentre la grande maggioranza dei supplenti – quelli in servizio fino al termine delle attività didattiche, cioè al 30 giugno – restava esclusa. Una scelta contestata da sindacati e associazioni, fino a diventare oggetto di un’ondata di ricorsi che ha trovato dalla sua parte la giurisprudenza europea e nazionale.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea e vari tribunali italiani hanno riconosciuto che questa esclusione violava la normativa comunitaria, che impone parità di trattamento a parità di mansioni. Da qui il moltiplicarsi delle condanne, con il Ministero costretto non solo a riattribuire il bonus, ma a sostenere spese legali molto più onerose del costo originario della prestazione negata. Nel periodo compreso tra il 2022 e il 2025 le vertenze relative alla Carta docente avrebbero già superato un miliardo di euro, avvicinandosi alla soglia del miliardo e mezzo.

carta_docente_adesso deve_pagare_i_ricorsi_da_2.000_euro-_notizialocale.it_740

Una spesa pubblica fuori controllo e un quadro giuridico ignorato

Secondo le stime più recenti, i ricorrenti per la Carta docente sarebbero circa 110.000. A questi si aggiungono altri contenziosi legati a disparità retributive, mancata monetizzazione delle ferie non godute e differenze sul riconoscimento del servizio pre-ruolo. Una mole di giudizi che sta trasformando la gestione del personale scolastico in un terreno minato per la Pubblica Amministrazione.

La deputata che ha presentato l’interrogazione parlamentare ha sottolineato come queste cause non siano un incidente isolato, ma il risultato di scelte “ostinate”, che avrebbero ignorato direttive europee ampiamente consolidate. La mancata estensione tempestiva della Carta docente alla totalità dei supplenti ha così generato un boomerang economico enorme, con costi che superano di molte volte il valore del beneficio originariamente negato.

Il recente decreto ha finalmente esteso il bonus ai supplenti con incarico annuale, ma non scioglie i nodi del passato, lasciando fuori chi ha accumulato 150 giorni di servizio e mantenendo aperta una stagione di contenziosi che rischia di pesare ulteriormente sulle casse pubbliche. Una situazione che, secondo i parlamentari intervenuti, poteva essere evitata con un’applicazione coerente e preventiva del diritto europeo.

L’attenzione ora si sposta sulle risposte che il Ministero dell’Istruzione intende dare al Parlamento. Da più parti si chiede una strategia chiara per ridurre il volume dei ricorsi, riconoscere i diritti dei precari e porre fine a una spirale di sprechi che potrebbe sottrarre risorse fondamentali alla scuola pubblica. La vicenda della Carta docente diventa così il simbolo di un problema più ampio: il rapporto difficoltoso tra pubblica amministrazione, norme europee e gestione del personale scolastico.

Nel frattempo, la certezza è solo una: la legge parla chiaro e i giudici continuano a dar ragione ai precari. E ogni sentenza pesa non solo sul bilancio dello Stato, ma sulla credibilità di un intero sistema che ancora fatica a riconoscere, in modo pieno, la parità di trattamento all’interno della scuola italiana.