Se sei una donna, l’occupazione migliora ma per te non c’è posto | il lavoro resta un privilegio maschile

Se sei una donna, l’occupazione migliora ma per te non c’è posto | il lavoro resta un privilegio maschile

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L’occupazione cresce, i numeri sembrano positivi e qualcuno parla già di ripresa. Ma c’è un dettaglio che cambia completamente la prospettiva: per le donne, questo miglioramento semplicemente non esiste.

Il mercato del lavoro italiano continua a muoversi con una lentezza disarmante quando si tratta di riequilibrare le opportunità tra uomini e donne. Mentre gli indicatori generali mostrano un aumento dell’occupazione, la componente femminile resta ferma, intrappolata in un sistema che sembra ignorare le sue esigenze e le sue competenze. Una distanza che si ripete ciclicamente e che rischia di trasformarsi in una frattura strutturale sempre più difficile da colmare.

A pesare sono ancora condizioni di partenza sfavorevoli, discriminazioni implicite, carichi di cura non distribuiti e un modello culturale che continua a trattare il lavoro femminile come un’aggiunta, non come un pilastro dell’economia. Così, mentre l’occupazione maschile sale, quella femminile rimane quasi immobile.

La crescita che premia solo gli uomini

I dati più recenti non lasciano spazio a interpretazioni: l’aumento dei posti di lavoro riguarda quasi esclusivamente gli uomini. A fronte di progressi visibili nel tasso occupazionale maschile, le donne restano ferme, con livelli di partecipazione al lavoro che non riescono a superare ostacoli ormai cronici. Non si osserva alcuna accelerazione significativa, né un recupero in grado di colmare il divario già esistente.

La differenza tra i due generi riflette squilibri strutturali che emergono in ogni fase del ciclo economico. Quando l’occupazione sale, gli uomini corrono; quando scende, le donne cadono più in fretta. E nei momenti di stabilità, come quello attuale, il divario non si riduce. Anzi, rischia di ampliarsi. Una dinamica che mette in discussione la reale efficacia delle politiche attive e delle misure di sostegno alla partecipazione femminile.

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Perché il lavoro femminile resta bloccato

L’assenza di crescita non dipende dalla mancanza di competenze o dalla scarsa disponibilità delle donne a lavorare. I problemi si annidano nelle condizioni che le circondano: servizi carenti per l’infanzia, salari più bassi, contratti più fragili, maggiore incidenza del part-time involontario. A tutto questo si aggiunge un sistema culturale che continua a delegare alle donne gran parte del lavoro di cura domestico, impedendo loro di competere ad armi pari nel mercato.

La conclusione è chiara: se la ripresa non si traduce in un reale aumento dell’occupazione femminile, non può essere definita una ripresa per tutti. Serve una strategia che intervenga sulle radici della disparità, non solo sui suoi effetti visibili. Perché finché il lavoro resterà un privilegio maschile, ogni progresso apparirà come un miglioramento a metà, incapace di includere metà del Paese.