Partite IVA, arriva la batosta: cene aziendali non più detraibili | l’Agenzia le considera spese personali

Partite IVA, arriva la batosta: cene aziendali non più detraibili | l’Agenzia le considera spese personali

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La Cassazione stabilisce che cene, eventi e premi aziendali rientrano nelle spese di rappresentanza, con IVA non detraibile anche quando l’iniziativa appare orientata alla promozione dell’attività.

Negli ultimi anni la gestione fiscale delle iniziative rivolte a clienti, partner e fornitori è diventata un terreno di confronto costante tra contribuenti e amministrazione finanziaria. Cene aziendali, eventi annuali, premi e cerimonie sono strumenti sempre più diffusi per coltivare relazioni e valorizzare l’immagine di un’impresa, ma la loro corretta classificazione fiscale è spesso oggetto di contestazioni. La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha reso ancora più chiaro il confine tra pubblicità e rappresentanza, incidendo direttamente sulle partite IVA.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, molte di queste iniziative non generano un ritorno commerciale immediato e non hanno come scopo diretto la promozione di uno specifico prodotto o servizio. Da qui la riclassificazione come spese di rappresentanza: una scelta che ha un impatto concreto, perché l’IVA diventa indetraibile e la deducibilità è limitata. La Suprema Corte ha confermato questo orientamento, rendendo la linea interpretativa ancora più netta.

Perché l’evento non è pubblicità: il cuore della decisione

La controversia nasce da due avvisi di accertamento in cui l’Agenzia aveva recuperato l’IVA relativa alle spese sostenute da una società per l’organizzazione di un premio annuale molto noto nel settore vitivinicolo veneto. L’impresa aveva classificato i costi come pubblicitari, ritenendo che la manifestazione fosse funzionale alla promozione del proprio marchio e dei prodotti collegati. La Corte di Cassazione, però, ha ribadito che il criterio decisivo non è la visibilità dell’evento, né la presenza di elementi con richiamo commerciale.

Secondo i giudici, ciò che conta è la **finalità immediata** dell’iniziativa: solo se l’obiettivo primario è informare, promuovere e stimolare l’acquisto di un prodotto specifico si tratta di pubblicità. Quando invece il fine è accrescere il prestigio dell’impresa, rafforzare relazioni istituzionali o consolidare un’immagine autorevole nel settore, ci si trova nel campo delle spese di rappresentanza. La Corte sottolinea come la presenza del marchio nella denominazione dell’evento o l’omaggio di un prodotto aziendale non bastino a trasformare la manifestazione in attività pubblicitaria.

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La ricaduta per le partite IVA e il peso delle nuove interpretazioni

La decisione incide in modo significativo sugli operatori economici, perché riconduce molte iniziative tradizionalmente percepite come promozionali nell’alveo delle spese di rappresentanza. Questo significa, nella pratica, **niente detrazione dell’IVA**, a prescindere dalla rilevanza commerciale dell’evento, e una deducibilità limitata dalla normativa vigente. L’unica eccezione resta quella degli omaggi di valore inferiore a cinquanta euro, comunque con IVA indetraibile.

Per imprese e professionisti sarà quindi essenziale distinguere con precisione le iniziative realmente orientate alla vendita da quelle pensate per rafforzare immagine e relazioni. La Cassazione richiama la necessità di un’analisi conc