Lega elettorale nel mirino, perché Meloni vuole cambiarla dopo le Regionali | Le ipotesi sul nuovo sistema di voto
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Il risultato delle elezioni regionali ha riaperto uno dei dossier più delicati della politica italiana: la riforma della legge elettorale. La premier Giorgia Meloni ha infatti rilanciato l’idea di riscrivere le regole con cui si vota, convinta che il sistema attuale non garantisca sufficiente stabilità né rifletta in maniera chiara la volontà degli elettori. L’ipotesi di un intervento legislativo dopo il voto regionale non arriva a sorpresa, ma si inserisce in una strategia più ampia che punta a rafforzare il peso dell’esecutivo e a consolidare la governabilità.
Le motivazioni alla base della revisione sono molteplici: dalla frammentazione del quadro politico all’incapacità del sistema in vigore di assicurare maggioranze solide, fino alla volontà della maggioranza di imprimere una direzione più netta verso un modello elettorale che premi il partito o la coalizione vincente. All’interno della stessa maggioranza, però, coesistono opinioni diverse su quale direzione prendere, e le pressioni dei partiti minori giocano un ruolo rilevante nella definizione del nuovo assetto.
Perché la riforma è tornata prioritaria e quali modelli si stanno valutando
Il primo elemento che ha spinto Meloni a riaprire il dossier è l’esito delle Regionali: una competizione che ha messo in luce differenze interne al centrodestra e la capacità di alcune opposizioni di rafforzarsi in territori chiave. In questo quadro, un sistema elettorale più maggioritario potrebbe favorire il partito più forte della coalizione, riducendo l’incertezza nell’assegnazione dei seggi e facilitando la formazione del governo dopo le prossime Politiche.
Tra i modelli in discussione si parla di un ritorno a un impianto più simile al Mattarellum, con una forte componente maggioritaria in collegi uninominali, oppure di un sistema proporzionale corretto da premi di maggioranza più robusti. Altre proposte prevedono l’introduzione di soglie più alte per evitare frammentazione eccessiva, o un meccanismo che consenta di individuare direttamente il premier in campagna elettorale, rafforzando il principio di investitura.
Le resistenze però non mancano: alcuni partiti minori temono di essere penalizzati da un sistema troppo selettivo, mentre una parte dell’opposizione denuncia il rischio che la riforma diventi uno strumento per blindare il potere della coalizione di governo. Le trattative nelle prossime settimane saranno decisive per capire quale compromesso prenderà forma.

Gli scenari possibili e il riflesso sul futuro politico del Paese
Nel breve periodo, la riforma potrebbe diventare un elemento centrale del confronto parlamentare, con effetti diretti sugli equilibri interni alla maggioranza. Per Meloni, puntare su una legge elettorale più stabile significa anche preparare il terreno per affrontare le Politiche del 2027 con regole favorevoli alla governabilità. Il dibattito, tuttavia, resta aperto e attraversato da tensioni che potrebbero rallentare l’iter della riforma.
Per il Paese, un cambiamento delle regole del voto potrebbe ridefinire le dinamiche tra partiti, influenzare il peso delle coalizioni e modificare la rappresentanza territoriale. Tutto dipenderà dall’impianto scelto: un modello più maggioritario potrebbe garantire stabilità ma ridurre il pluralismo, mentre un proporzionale corretto rischierebbe di mantenere la frammentazione attuale. Le prossime mosse del governo mostreranno quale equilibrio la maggioranza intende perseguire e quanto velocemente si vorrà procedere.
