Atreju accende Roma: arriva Abu Mazen | La destra riunita a Castel Sant’Angelo tra ospiti inattesi e tensioni politiche

Atreju accende Roma: arriva Abu Mazen | La destra riunita a Castel Sant’Angelo tra ospiti inattesi e tensioni politiche

Atreju_Castel_SantAngelo_-_notizialocale.it

Nove giorni di confronti, leader internazionali e assenze pesanti: la kermesse di FdI diventa il palcoscenico politico più osservato del Paese

C’è un momento dell’anno in cui Roma diventa il centro simbolico del dibattito politico nazionale, e questo momento è arrivato. Dal 6 dicembre, Atreju – la kermesse organizzata da Fratelli d’Italia e Gioventù Nazionale – torna a riempire i Giardini di Castel Sant’Angelo con la sua ventiseiesima edizione. Ma stavolta qualcosa cambia: per durata, per ospiti, per ambizioni e, soprattutto, per un nome che ha già scatenato discussioni ben oltre i confini italiani.

La manifestazione, annunciata dagli organizzatori come “la più lunga di sempre”, occuperà nove giorni consecutivi di incontri, dialoghi e faccia a faccia, portando nella cornice della Mole Adriana oltre 400 ospiti e più di 80 dibattiti. Una macchina poderosa che ufficializza Atreju come l’appuntamento politico più trasversale e mediatico dell’intero dicembre italiano. E mentre i giardini appena rinnovati – grazie a un investimento di 1,3 milioni di euro – si preparano ad accogliere una folla eterogenea, un ospite in particolare promette di catalizzare l’attenzione: il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen.

Tra premier, ex premier e leader di ogni schieramento: il parterre più vasto di Atreju

La lista degli invitati è un mosaico che mescola politica, sport, spettacolo e religione. Ed è proprio questa pluralità, sempre rivendicata da Giorgia Meloni, a rendere Atreju un evento capace di attrarre persino chi è lontano dalle posizioni della destra italiana. Tra i nomi confermati spiccano il campione del mondo Gianluigi Buffon, i colossi del volley italiano Fefè De Giorgi e Julio Velasco, e figure amatissime come Mara Venier, Chiara Francini, Raoul Bova, Carlo Conti, Ezio Greggio e Nicoletta Romanoff.

Non mancheranno i grandi volti istituzionali: dal cardinale Matteo Maria Zuppi a un lungo elenco di governatori – da Antonio Decaro a Roberto Fico, da Occhiuto a Fedriga, da Marsilio ad Acquaroli – fino al sindaco di Roma Roberto Gualtieri e al primo cittadino di Napoli Gaetano Manfredi, atteso il 10 dicembre. Sul fronte politico nazionale, riflettori puntati su Giuseppe Conte il 13 dicembre, insieme a Carlo Calenda, Matteo Renzi e Angelo Bonelli.

L’unica grande assente sarà Elly Schlein, scelta che segna una distanza politica netta nonostante la disponibilità della premier Meloni a un confronto diretto. Una decisione che alcuni osservatori leggono come una mossa strategica: evitare di concedere alla destra la cornice narrativa di un dialogo che rischierebbe di diventare uno scontro simbolico.

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Il 12 dicembre arriva Abu Mazen: il colpo di scena che cambia l’atmosfera

Ma è il nome di Abu Mazen quello che ha trasformato questa edizione di Atreju in un vero evento internazionale. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese sarà a Castel Sant’Angelo il 12 dicembre, in un contesto globale segnato da tensioni altissime, conflitti e negoziati fragilissimi. La scelta di invitarlo non è passata inosservata, soprattutto perché gli esponenti israeliani – appartenenti al Likud, partito di governo – parteciperanno invece il 7 dicembre. Nessun incontro diretto, nessun faccia a faccia: due presenze separate, in momenti distinti, che però espongono Atreju a un delicato equilibrio diplomatico.

Sul palco arriverà anche Rom Braslavcki, l’ex ostaggio di Hamas, figura simbolica di una delle ferite più aperte e dolorose del Medio Oriente contemporaneo. Una combinazione di ospiti che rende Atreju, ancora una volta, una cassa di risonanza del contesto geopolitico globale.

La chiusura sarà affidata, come da tradizione, alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che salirà sul palco il 14 dicembre preceduta da Matteo Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi. Una finale che si preannuncia carica di messaggi politici, analisi sul futuro del governo e inevitabili risposte agli ospiti passati nei giorni precedenti.

Atreju 2025, dunque, non è soltanto un evento di partito: è un laboratorio politico, un’arena mediatica e un palcoscenico internazionale. E quest’anno, con Abu Mazen al centro della scena, Roma diventa – per qualche giorno – uno dei nodi più osservati della geopolitica mondiale.