Medico di base, ora c’è la svolta: quando richiedi la ricetta ricordati di questo dettaglio essenziale

Medico di base, ora c’è la svolta: quando richiedi la ricetta ricordati di questo dettaglio essenziale

Medico di base-Notizialocale.it (Fonte:Pexels)

Per milioni di pazienti cronici cambia il rapporto con il medico di base: niente più corse mensili per la ricetta, perché ora la prescrizione può valere fino a un anno intero, ma solo se il dottore valuta un requisito decisivo che non va mai dimenticato al momento della richiesta.

Con l’entrata in vigore delle nuove norme contenute nel cosiddetto Ddl Semplificazioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, la ricetta medica annuale per i malati cronici diventa realtà. Non si tratta di un semplice ritocco burocratico, ma di un cambiamento concreto nella vita di chi convive ogni giorno con diabete, ipertensione, asma, problemi cardiaci o reumatologici e deve assumere farmaci in modo continuativo. Il medico di medicina generale, infatti, può indicare in un’unica prescrizione la quantità di farmaco necessaria per coprire fino a dodici mesi di terapia, evitando al paziente il rinnovo mensile di un documento spesso identico al precedente.

La vera novità è che tutto questo avviene attraverso la ricetta dematerializzata valida un anno, con il medico che specifica sulla prescrizione il dosaggio, la posologia giornaliera e il numero di confezioni dispensabili nel corso dell’anno. In farmacia il ritiro resta comunque mensile, come misura di sicurezza: non si potrà fare scorta di medicinali, ma si eviteranno viaggi frequenti allo studio solo per “farsi rifare la ricetta”. Il punto chiave, però, è che questa possibilità non vale per tutti indistintamente: riguarda un ampio elenco di patologie croniche stabilizzate, e richiede che il medico verifichi attentamente la situazione clinica del paziente prima di attivare la prescrizione annuale.

Ricetta annuale per cronici: cosa cambia davvero nello studio del medico di base

Il cuore della riforma è proprio questo: il medico di base può prescrivere un farmaco per dodici mesi solo dopo aver valutato che il quadro clinico sia stabile. Se la terapia è ben definita e il paziente la segue correttamente, nella ricetta dematerializzata viene indicata l’intera quantità di medicinali necessaria per un anno, spezzata poi in forniture mensili dal farmacista. Ogni trenta giorni, il paziente ritira in farmacia il quantitativo sufficiente per proseguire la cura, mentre il farmacista controlla che non ci siano anomalie nell’aderenza al trattamento e, se necessario, può segnalare criticità al medico. In qualunque momento, il dottore mantiene la possibilità di sospendere o modificare la ricetta annuale, qualora emergano effetti collaterali, cambiamenti nella diagnosi o nuove esigenze terapeutiche.

L’elenco delle condizioni che possono rientrare nella ricetta medica annuale per patologie croniche è molto ampio: ipertensione arteriosa, diabete di tipo 1 e 2, broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e asma persistente, dislipidemie, ipotiroidismo e altre malattie tiroidee, artrite reumatoide, lupus e altre patologie reumatologiche, epilessia stabilizzata, disturbi psichiatrici cronici in trattamento continuativo, morbo di Parkinson e alcune forme iniziali di demenza, osteoporosi severa, insufficienze renali ed epatiche croniche, terapie anticoagulanti e antiaggreganti a lungo termine. In tutti questi casi, se la malattia è sotto controllo e la cura è consolidata, ricordare al medico questa nuova possibilità può fare la differenza tra una trafila mensile di ricette e una gestione più serena della propria terapia.

Medico di base-Notizialocale.it (Fonte:Pexels)

Il dettaglio essenziale da ricordare quando chiedi la ricetta (e cosa succede dopo le dimissioni)

Il detaglio essenziale da non dimenticare quando si richiede la ricetta al medico di base è proprio la parola “stabilizzata”. La prescrizione annuale non è un diritto automatico per chiunque abbia una patologia cronica, ma una possibilità che si apre solo se il medico ritiene che la situazione sia sufficientemente stabile da permettere una programmazione della terapia su dodici mesi. Per questo, quando ci si siede davanti al dottore per il solito rinnovo, vale la pena chiedere in modo esplicito se, nel proprio caso, ci sono le condizioni per passare alla ricetta annuale. In presenza di valori sotto controllo, esami recenti e una buona aderenza alle cure, il medico può decidere di sfruttare la nuova norma, evitando al paziente tante visite “di sola ricetta” che non aggiungono valore dal punto di vista clinico. Un passaggio che, secondo le associazioni di categoria dei medici di famiglia, consente anche di liberare tempo e risorse da dedicare alle visite complesse, alle diagnosi e ai casi acuti.

La semplificazione non riguarda solo i malati cronici seguiti dal proprio dottore. Un altro tassello importante introdotto dalla riforma è il riconoscimento di valore prescrittivo alla documentazione rilasciata dagli ospedali e dai pronto soccorso: le indicazioni sulle terapie contenute nelle lettere di dimissione o nei referti di pronto soccorso, oltre che nei documenti dei servizi di continuità assistenziale nei due giorni precedenti, consentono al paziente di ritirare subito i farmaci in farmacia, senza dover tornare dal medico di base per la tradizionale “trascrizione” su ricetta. Si elimina così una doppia burocrazia che rallentava l’avvio delle terapie post-ospedaliere, soprattutto nei momenti più delicati dopo un ricovero o un accesso in emergenza. Anche in questo caso, il ruolo del medico di famiglia resta centrale: potrà rivedere in seguito la terapia, confermarla o modificarla, ma il primo passo verso la cura diventa più rapido e meno farraginoso, a tutto vantaggio del paziente e dell’intero sistema sanitario territoriale.