Case che cambiano volto nei quartieri di Roma Est: famiglie in fila per lavori mai partiti | il dettaglio che blocca tutto
Colosseo - Notizialocale (pexels)
Nei quartieri di Roma Est le facciate si preparano a cambiare volto, ma per centinaia di famiglie i cantieri restano solo disegnati sulle planimetrie: progetti pronti, ponteggi annunciati, preventivi firmati e mesi di attesa, bloccati da un dettaglio burocratico che congela tutto.
Da Colli Aniene a Tor Bella Monaca, da Ponte di Nona al Quadraro, la mappa di Roma Est è punteggiata da condomìni che hanno aderito ai programmi di efficientamento energetico e rifacimento delle facciate, sperando in case più sicure, meno umide e con bollette più leggere. Sulla carta si parla di cappotti termici, nuovi infissi, caldaie di ultima generazione: interventi che promettono di cambiare il profilo di interi isolati e la qualità di vita degli inquilini. Ma mentre i cittadini si mettono in fila per firmare documenti e autorizzazioni, i lavori non partono e i palazzi continuano a mostrare crepe, tubature obsolete e balconi puntellati.
Al centro di questa storia ci sono famiglie che da mesi conservano in un cassetto la comunicazione dell’amministratore: “entro poche settimane partiranno i lavori”. Una promessa che, in molti quartieri popolari di Roma Est, si è trasformata in un limbo. Le imprese sono state individuate, i tecnici hanno effettuato i sopralluoghi, i condomìni hanno deliberato: sulla carta tutto sembra a posto. Eppure c’è sempre “quel dettaglio” che blocca il via libera finale, un intoppo spesso invisibile ai cittadini ma decisivo nei fascicoli degli uffici tecnici: un abuso edilizio mai sanato, un errore catastale, un documento mancante capace di fermare milioni di euro di lavori.
Il sogno delle case riqualificate e il muro degli uffici tecnici
Roma Est è da anni un laboratorio di trasformazioni urbane, dove vecchie palazzine popolari convivono con nuove costruzioni e cantieri di rigenerazione. Qui le famiglie hanno visto alternarsi promesse di piani straordinari, bonus edilizi e progetti di riqualificazione che puntano a sostituire intonaci scrostati e infissi in legno con facciate ventilate e vetri doppi. Molti condomìni hanno aderito ai programmi incentivati, spinti dalla prospettiva di lavori quasi interamente coperti e da bollette del gas e della luce che negli ultimi anni sono diventate insostenibili. Ma la corsa ad approfittare delle agevolazioni ha portato alla luce criticità che per decenni erano rimaste sotto traccia nei piani e nei registri.
L’ostacolo, raccontano gli inquilini, arriva quasi sempre nella stessa forma: una comunicazione dell’amministratore o del tecnico incaricato che segnala “la necessità di approfondimenti” prima di depositare le pratiche o avviare il cantiere. È lì che il sogno di condomini ripensati, più verdi e meno energivori si scontra con faldoni ingialliti e planimetrie che non coincidono più con la realtà. Basta un piano rialzato chiuso a veranda senza titolo, un muretto tirato su anni fa, un vecchio condono mai perfezionato perché l’intero intervento si blocchi. Il risultato è una fotografia ormai comune nei quartieri di Roma Est: famiglie che chiedono spiegazioni nelle assemblee, tecnici che parlano di “incongruenze”, cantieri annunciati che non partono mai e palazzi che restano com’erano.

Il “piccolo” dettaglio che ferma milioni di euro di lavori
Il dettaglio che blocca tutto, in molti casi, ha un nome preciso: irregolarità edilizia su una parte dell’immobile. Può trattarsi di un balcone chiuso senza autorizzazione, di un tramezzo spostato, di una tettoia diventata nel tempo una stanza in più. Modifiche che, a livello di vita quotidiana, sono state assorbite dal condominio e dal quartiere, ma che per la normativa rappresentano un ostacolo insormontabile. Per avviare interventi complessi di riqualificazione, infatti, l’edificio deve risultare “conforme” o comunque regolarizzabile; se anche solo un appartamento presenta abusi non sanati, l’intero pacchetto dei lavori rischia di rimanere sospeso. È così che il gesto di un singolo, magari compiuto negli anni Ottanta quando i controlli erano più blandi, oggi pesa sulle scelte di decine di famiglie.
Nei municipi dell’est della città i racconti si assomigliano: assemblee affollate, documenti da recuperare in fretta, corse agli sportelli per verificare vecchie pratiche di condono, richieste di accesso agli atti che si sommano alle file allo sportello anagrafe o ai servizi sociali. Ogni pratica da completare, ogni firma da recuperare, ogni certificato da aggiornare diventano un passaggio obbligato per sbloccare il cantiere. Intanto il tempo passa, i costi dei materiali lievitano, le imprese chiedono di rivedere i preventivi, e chi abita in quei palazzi deve fare i conti con scale gelide d’inverno, infiltrazioni sui soffitti e ascensori che si fermano sempre più spesso. In più, l’incertezza alimenta la sfiducia: c’è chi teme di aver perso una occasione irripetibile e chi sospetta che, ancora una volta, i quartieri di Roma Est siano quelli che restano indietro, mentre altrove i cantieri sono già realtà.
