Legge 104 arrivederci, sbarca la legge 106: ecco che cambiamenti ci sono

Sedia a rotelle che cammina (pexels)

Sedia a rotelle che cammina (pexels)

Un cambiamento silenzioso ma profondo sta prendendo forma e riguarda milioni di lavoratori, famiglie e persone fragili: dal 2026 entra in scena la Legge 106, destinata a ridisegnare il perimetro delle tutele finora associate alla Legge 104.

Non è una semplice revisione normativa né un dettaglio tecnico riservato agli addetti ai lavori, ma un intervento che tocca direttamente il rapporto tra salute, lavoro e diritti quotidiani, introducendo strumenti nuovi che spostano l’attenzione dal solo permesso all’organizzazione del lavoro.

Il cuore della novità è una parola che fino a poco tempo fa sembrava estranea a questo ambito: smart working prioritario. Ed è proprio da qui che nasce il dibattito su chi guadagna davvero da questa riforma e chi, invece, rischia di restare ai margini.

Una svolta che affianca, ma non cancella, la Legge 104

La Legge 106 non manda in pensione la Legge 104 del 1992, che resta il pilastro delle tutele per le persone con disabilità e per chi le assiste. Piuttosto, ne amplia l’orizzonte intervenendo su situazioni che negli anni si sono dimostrate sempre più diffuse, come le patologie croniche, oncologiche o invalidanti che rendono complessa la continuità lavorativa. Il legislatore ha scelto di affiancare alle tutele tradizionali nuovi strumenti più flessibili, pensati per adattarsi a esigenze sanitarie non sempre compatibili con orari e presenze rigide.

Tra le novità più concrete ci sono ore aggiuntive di permessi retribuiti per visite, controlli ed esami clinici, che si affiancano ai tre giorni mensili già previsti dalla 104. Questo intervento riconosce che, nella realtà, le cure non si esauriscono in poche giornate standardizzate e che la gestione della salute richiede spesso un impegno costante. È un passaggio che segna un cambio di approccio rispetto al passato, più attento alla quotidianità delle persone coinvolte.

Smart working prioritario: il vero punto di svolta

La misura che più di tutte caratterizza la Legge 106 è il diritto di accesso prioritario allo smart working. Dopo un periodo di congedo straordinario, che può arrivare fino a 24 mesi, il lavoratore potrà chiedere di svolgere la propria attività in modalità agile, se compatibile con le mansioni. Non si tratta di un obbligo per il datore di lavoro, ma di una corsia preferenziale che ribalta l’ordine delle priorità rispetto alle richieste ordinarie.

Questo elemento introduce una logica nuova: non più solo assenza dal lavoro per tutelare la salute, ma una diversa organizzazione della prestazione lavorativa. Per molti lavoratori fragili o caregiver, lo smart working può rappresentare la possibilità di restare attivi senza aggravare condizioni già delicate. È qui che la Legge 106 prova a colmare un vuoto lasciato dalla normativa precedente, che spesso costringeva a scegliere tra lavoro e cura.

Congedo straordinario: più tempo, ma senza retribuzione

Accanto allo smart working, la legge introduce un congedo straordinario non retribuito fino a 24 mesi per chi ha patologie gravi o un’invalidità pari o superiore al 74 per cento. Durante questo periodo il posto di lavoro è tutelato, ma non maturano stipendio, ferie né contributi aggiuntivi. È una protezione forte sul piano formale, ma onerosa sul piano economico, soprattutto per chi non dispone di altre entrate.

Questa scelta evidenzia uno degli aspetti più delicati della riforma. Da un lato si riconosce la necessità di tempi lunghi per le cure, dall’altro si scarica il peso finanziario quasi interamente sul lavoratore. Il rischio è che questa tutela resti sulla carta per chi non può permettersi di rinunciare al reddito, creando una distinzione tra chi ha margini economici e chi no.

Chi resta fuori dalle nuove tutele

Nonostante l’ampliamento dei diritti, la Legge 106 non copre tutte le situazioni di fragilità. La soglia di invalidità richiesta per accedere ad alcune misure e la necessità di compatibilità con le mansioni lavorative possono escludere una parte significativa di lavoratori. Chi ha patologie serie ma non formalmente riconosciute secondo i parametri previsti rischia di restare senza le nuove agevolazioni.

Anche il diritto allo smart working, pur innovativo, non è automatico. Dipende dall’organizzazione aziendale e dal tipo di attività svolta. In settori dove la presenza fisica è indispensabile, la priorità rischia di tradursi in una promessa difficile da mantenere. È in queste zone grigie che si giocherà la reale efficacia della riforma.

Sedia a rotelle (pexels)
Sedia a rotelle (pexels)

Un cambiamento che apre più domande che certezze

La Legge 106 segna un passaggio importante nel modo in cui lo Stato guarda al lavoro delle persone fragili e di chi se ne prende cura. Introduce strumenti più moderni e una visione meno rigida, ma lascia irrisolti nodi cruciali legati alla sostenibilità economica e all’applicazione concreta delle norme. Il confine tra ampliamento dei diritti e nuove disuguaglianze resta sottile.

Nei prossimi mesi sarà l’attuazione pratica a dire se questa riforma rappresenterà davvero un passo avanti rispetto alla Legge 104 o se, per molti, resterà una promessa parziale. Di certo, il modo di parlare di tutela, lavoro e fragilità non sarà più lo stesso.