Morte in cella di un detenuto a Cassino: Il mistero della scomparsa

Un detenuto di 47 anni è morto nel carcere di Cassino a pochi mesi dalla scarcerazione. La Procura ha disposto l’autopsia. Mistero sulle cause del decesso.

Morte in cella di un detenuto a Cassino: Il mistero della scomparsa
Un detenuto di 47 anni è morto nel carcere di Cassino a pochi mesi dalla scarcerazione. La Procura ha disposto l’autopsia. Mistero sulle cause del decesso.La casa circondariale San Domenico di Cassino è stata teatro di una tragica vicenda lo scorso sabato 21 dicembre 2025. Francesco Morra, un detenuto di 47 anni, è deceduto all’interno della sua cella, dove stava scontando gli ultimi mesi di pena. L’uomo si sarebbe sentito male improvvisamente, allarmando gli altri detenuti che hanno prontamente dato l’allarme, richiamando l’attenzione della polizia penitenziaria. La circostanza che Morra fosse così vicino alla libertà rende la sua scomparsa ancora più drammatica e incomprensibile per chi lo conosceva.

Nonostante l’immediato intervento degli agenti e del personale sanitario del 118, ogni tentativo di rianimazione si è rivelato purtroppo inutile. La notizia ha destato profondo sconcerto e ha sollevato interrogativi sulla gestione della salute dei detenuti, soprattutto considerando che Morra avrebbe dovuto lasciare il carcere nel marzo 2026, per essere trasferito in una struttura riabilitativa. Questa imminente transizione aggiunge un ulteriore velo di tristezza alla vicenda. La sua famiglia, attraverso gli avvocati Claudio Persichini e Daniele Bartolomucci, ha richiesto con fermezza che venga fatta piena luce sulle circostanze del decesso, per fugare ogni dubbio. Per questo motivo, la Procura della Repubblica ha già disposto l’esecuzione dell’autopsia, nella speranza di chiarire le cause che hanno portato alla morte prematura dell’uomo in un luogo dove avrebbe dovuto essere sotto costante sorveglianza.

Veduta esterna del carcere San Domenico di Cassino, luogo della tragedia.

Le condizioni di salute precarie e il grido d’allarme del garante

Le condizioni di salute precarie e il grido d'allarme del garante

Salute precaria: il grido d’allarme del Garante.

 

Sulla tragica scomparsa di Francesco Morra è intervenuto anche il dottor Stefano Anastasìa, garante regionale per i diritti dei detenuti, sollevando importanti interrogativi sulle condizioni di salute dell’uomo e sulla situazione generale del carcere di Cassino. In una nota diffusa, Anastasìa ha sottolineato che Morra “aveva molti problemi di salute” e che, sebbene mancassero pochi mesi alla scarcerazione, era ancora detenuto in regime di sicurezza. Questa affermazione pone l’accento sulla vulnerabilità del detenuto e sulla necessità di un’attenzione particolare verso i soggetti più fragili all’interno delle strutture carcerarie.

Il garante ha evidenziato che Francesco Morra era affetto da diverse patologie gravi: era diabetico, cardiopatico e tossicodipendente, un quadro clinico che richiedeva un monitoraggio costante e cure adeguate. Inoltre, è emerso che Morra, originario di Cassino, già da dieci giorni lamentava di non sentirsi bene, una circostanza che rende ancora più impellente la richiesta di chiarezza sulle modalità di assistenza medica ricevuta. Questo complesso quadro di salute si inserisce in un contesto già critico, quello del carcere San Domenico, che Anastasìa ha definito “l’istituto più sovraffollato del Lazio”. Con un tasso di affollamento che raggiunge il 185%, la struttura di Cassino precede altri istituti regionali come quelli di Latina e Rieti, anch’essi in condizioni critiche, ma meno estreme.

Simbolo della giustizia e delle sfide del sistema carcerario italiano.

L’impatto devastante del sovraffollamento sulla vita dei detenuti

I dati forniti dal garante Anastasìa delineano un quadro preoccupante e inaccettabile: a fronte di una capienza regolamentare di 200 posti, i posti effettivamente disponibili nel carcere di Cassino sono appena 90. Questa disparità è già di per sé un segnale di allarme. A complicare ulteriormente la situazione, al 30 novembre di quest’anno, la popolazione carceraria contava ben 170 detenuti, di cui 60 di nazionalità straniera. Questa enorme discrepanza tra capienza teorica, posti effettivi e numero di reclusi evidenzia una situazione di stress strutturale e organizzativo gravissimo che può avere ripercussioni drammatiche sulla qualità della vita, sulla sicurezza e, soprattutto, sulla salute dei detenuti.

Il sovraffollamento non solo rende più difficili le condizioni di detenzione, trasformando l’ambiente in un luogo di sofferenza aggiuntiva, ma può anche compromettere seriamente l’efficacia dell’assistenza sanitaria e la possibilità di gestire adeguatamente i casi clinici complessi, come quello di Francesco Morra. In contesti così compressi, l’accesso alle cure, la rapidità degli interventi e la prevenzione diventano sfide quasi insormontabili. La sua morte, avvenuta a pochi passi dalla libertà e dall’inizio di un percorso riabilitativo, riaccende con forza i riflettori su un problema annoso e sistemico del sistema penitenziario italiano. È fondamentale e urgente che l’autopsia fornisca risposte chiare e che l’attenzione mediatica su questa vicenda si traduca in azioni concrete per migliorare le condizioni delle carceri, garantire il rispetto dei diritti umani e assicurare un’assistenza sanitaria adeguata a ogni detenuto, a prescindere dal reato commesso. La dignità di ogni persona, anche dietro le sbarre, deve essere un principio irrinunciabile.