Museo Lanciani: il “Trentennale” della Triade Capitolina

Il Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani” celebrerà sabato 25 maggio il “Trentennale” della Triade Capitolina, l’opera più significativa delle sue collezioni, oggetto di vivo interesse da parte di numerosi visitatori e studiosi. L’ormai famoso gruppo scultoreo, scavato clandestinamente nel 1992 in una grande villa romana all’interno della Tenuta dell’Inviolata nel territorio di Guidonia Montecelio, fu rintracciato dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nel 1994 presso il confine italo-svizzero.

Il recupero fece seguito a una complessa azione investigativa che portò dapprima all’individuazione di uno dei tombaroli, quindi alla diffusione di un identikit dell’opera grazie al quale fu bloccata la vendita fra un ricettatore svizzero e un collezionista americano. Anche per questi aspetti rocamboleschi, da cui ha tratto ispirazione la storia a fumetti che sarà ripubblicata in occasione dell’evento, il rientro della Triade nel nostro Paese rimane tutt’oggi uno dei più eclatanti successi conseguiti dall’Arma nel contrasto al furto e alla dispersione di beni culturali. Esposta per alcuni anni al Museo Archeologico Nazionale di Palestrina, l’opera è approdata nel 2012 nella sua sede naturale, il Museo “Lanciani” che in quell’anno è stato inaugurato nell’ex Convento di S. Michele a Montecelio.

La scultura, esposta nella sala intitolata al generale Roberto Conforti, comandante del Nucleo all’epoca del recupero, è giustamente famosa anche in campo archeologico. Contrariamente alle altre raffigurazioni degli dei tutelari dello stato romano, infatti, Giove, Giunone e Minerva sono raffigurati non in piedi o su troni distinti, bensì assisi su un unico sedile cerimoniale, incoronati da Vittorie alate e connotati, in una rigida visione frontale, dagli attributi canonici e dagli animali sacri (aquila, pavone, civetta). Il culto delle divinità olimpiche, eminentemente politico, segnala che la villa ove fu effettuato l’illecito scavo appartenne a un personaggio di spicco, molto probabilmente di rango senatorio e legato alla corte imperiale. Se lo stile non è eccelso, esemplare è la presentazione didattico-didascalica che rende le figure perfettamente riconoscibili, motivo all’origine delle frequenti richieste di esposizione temporanea dell’opera in musei e sedi istituzionali in Italia e all’estero. Realizzata da un unico blocco di marmo lunense in un atelier di scultori dell’Urbe, l’opera, rimasta incompiuta in alcune parti, ma arricchita originariamente dalla policromia, è databile alla fine del II-inizi del III sec. d.C.

Zaccaria Mari Direttore scientifico del Museo Lanciani

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